Un Umano
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“Arrivo tra cinque minuti”, aveva detto Vittorio al telefono dopo aver ordinato mezzo pollo e humus al suo solito ristorante, poi aveva chiamato il taxi e una volta fuori dalla palestra dove era solito recarsi aveva sentito pronunciare il suo nome da un volto che forse era familiare, e in quel preciso istante era stato preso di peso da braccia sconosciute, aveva sentito un oggetto duro e gelido colpirgli la testa, come un’esplosione che dall’alto si era conficcata nel cranio, e Vittorio era stato scaraventato dentro una macchina, crollando, e quando si era risvegliato una pesante serranda nera era precipitata davanti agli occhi.
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19/04/2011 – Da circa sei ore Abdul-Rahman al-Breizat, ventidue anni, conosciuto come “Il Giordano”, è asserragliato insieme a Mahmoud Muhammad Nimir Salfiti e Bilal al-Umari in un’abitazione ad ovest del campo profughi di Nusseirat, nella Striscia di Gaza centrale. Fuori da quello che è ormai diventato un compound si agitano i familiari dei sospettati, che stanno implorando i propri parenti di arrendersi, deporre le armi e consegnarsi ai reparti scelti di Hamas – gli stessi reparti che dal 15 marzo, giorno del ritrovamento del cadavere di Arrigoni, si stanno muovendo spasmodicamente per cercare i responsabili dell’assassinio, come un branco di bulldog in preda ad un letale cocktail di farmaci chiamati Occhio Internazionale Dei Media Severamente Puntato Addosso e Screditamento Politico Di Cui Una Nazione (A Caso) Potrebbe Beneficiarne.
Dal mirino di un cecchino di Hamas appostato in un edificio adiacente si scorgono chiaramente due agenti arrampicarsi sul tetto dell’abitazione. All’improvviso un colpo secco risuona nell’aria arroventata e una granata viene lanciata da al-Breizat, che si è accorto subito degli scalatori. La parabola della granata si interrompe con un’esplosione, le schegge volano scomposte e l’impatto con l’aria rovescia per terra i due agenti, ferendoli lievemente. Per la polizia di Hamas al pianoterra le due conflagrazioni sono l’equivalente dello spegnimento dei semafori rossi in un gran premio di Formula 1. Le armi vengono spianate, gli anfibi percuotono le scale dell’appartamento, le scariche d’adrenalina soffocano le grida dei familiari. Al-Breizat lancia un’altra granata al secondo piano: il botto oblitera dalla faccia della Terra il complice Bilal al-Umari, ma risparmia Mahmoud al-Salfiti. La canna della pistola che al-Breizat ha in mano si avvicina sempre di più alla sua bocca, il peso del ferro si fa leggerissimo, i secondi rintoccano lugubri. Il colpo parte mentre il cervello registra le ultime immagini delle teste di cuoio davanti a lui, prima che la pallottola perfori la gola e trivelli la scatola cranica, cancellando tutti i moventi, le spiegazioni, le connessioni politiche e le ombre che circondano l’uomo che ha materialmente organizzato l’omicidio di Vittorio Arrigoni.
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Una strana musica comincia a propagarsi nell’aria, e Vittorio si ritrova nel 2008 in un peschereccio palestinese assediato da una nave della marina israeliana, davanti ad un mare che è una coltre liquida, impassibile, priva di increspature, liscia come l’olio, e lui per resistere passivamente ai soldati si arrampica sul tetto, e da lì sull’impalcatura di ferro che funge da gru, a poppa, e gli occhi dei soldati che lo inseguono sono un tetro monumento all’Odio più puro, “Avete intenzione di uccidermi?”, chiede loro, e a quel punto un soldato gli scarica addosso il Taser, e lui con un colpo di reni si getta in mare, e all’impatto con quella coltre liquida & impassibile Vittorio chiude gli occhi e si lascia trasportare in riva, a Gaza, a casa, a quella che una volta era casa sua.
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[…] La Salafiyyah fu un movimento il cui lato educativo e teorico finì per risultare alla lunga prevalente su quello essenzialmente operativo. Con Salafiyyah, termine che richiama l’era imperfettibile degli antichi (i salaf), si intende quella tendenza a islamizzare la modernità attraverso la purificazione dei fondamenti della religione e la loro applicazione al presente che implica bensì il riconoscimento del valore della stessa modernità, ma anche l’aspirazione concomitante a superarlo. – Massimo Campanini, Islam e politica
Periodo di Ferragosto, 2009. Il sole brucia la moschea di Ibn Taymiya, a Rafah, all’interno della quale Abdul Latif Moussa, medico laureato in Egitto e leader della formazione salafita Jund Ansar Allah (“Esercito dei partigiani di Dio”), proclama l’”Emirato islamico di Rafah”, scomunicando contestualmente Hamas, ai suoi occhi colpevole di aver accettato il “sistema politico occidentale” e di non applicare “il vero Islam”. La scissione si abbatte sul paludoso sistema politico della Striscia come un uragano di categoria 5 su una palafitta costruita nel fango. La reazione di Hamas è sfrenata, rabbiosa. Il pomeriggio del 14 agosto le forze di sicurezza del governo de facto irrompono nella moschea, dando il via a due giorni di cruenti combattimenti che lasciano sul campo venticinque morti (tra cui tre bambini), sei membri di Hamas, più di un centinaio di feriti e almeno novanta arrestati. La mattina del 15 agosto Abdul Latif è pronto per l’arresto. Non appena arriva la polizia di Hamas, il leader salafita si allaccia una cintura imbottita di esplosivo intorno alla vita, la aziona e fa trovare soltanto alcuni brandelli di carne a cui legare le manette.
È da almeno quattro anni che tra Hamas e le cellule salafite (spesso legate al jihaidismo e composte anche da fuoriusciti delle brigate Ezzedim al-Qassam, l’ala militare del movimento islamico) serpeggia una guerra a bassa intensità. Nel 2007 la fazione salafita dell’Esercito dell’Islam aveva rivendicato il rapimento del giornalista della BBC Alan Johnston, liberato quattro mesi dopo da Hamas. Nonostante la sanguinolenta repressione del tentativo separatista ferragostano, il movimento islamico non è ancora riuscito ad estirpare quella fastidiosa & dolorosa spina nel fianco rappresentata dagli almeno quindici gruppuscoli salafiti ancora operanti nella Striscia. Esplosioni nelle caserme, attentati a hotel egiziani, assalti a Internet point, negozi di videonoleggio, centri di bellezza…Secondo un reporter di Gaza intervistato dal Manifesto, i salafiti non sono in grado di destabilizzare seriamente Hamas, ma “possono creare problemi, anche molto seri, come violare il cessate il fuoco con lanci di razzi contro Israele, offrendo al premier Netanyahu l’opportunità di farla pagare ad Hamas”.
Nel repellente video di rivendicazione del sequestro apparso su YouTube – in cui Arrigoni è bendato, estremamente sofferente, un rivolo di sangue rappreso a rigarli il lato destro del volto ed un’angosciante musichetta ad accompagnare le scritte in arabo – il gruppo di al-Breizat accusa Arrigoni di essere “uno che entra nella nostra casa portandoci la corruzione morale” e chiede la scarcerazione di tutti i detenuti salafiti nelle prigioni di Gaza, tra cui spicca lo sceicco al-Saidani (conosciuto anche come Abu Walid al-Maqdisi), capo della formazione salafita al-Tawhid wal Jihad, arrestato da Hamas in febbraio. Infine, l’autoidentificazione del gruppo: “La Brigata del Compagno Gallant del profeta Maometto bin Muslima”. Una sigla che nessuno aveva mai sentito prima, ma subito collegata al summenzionato al-Tawhid. Il nome rimane comunque astruso, il gruppo sconosciuto: troppo strano per essere autentico?
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Drop the Hate / Commenti (11)
#3
Neke
Il miglior articolo sulla vicenza Arrigoni, senza alcun dubbio. Grazie di questo contributo.
#4
Elena Marasco
Io sono una di quelli che dal giorno in cui Vittorio Arrigoni è stato ucciso ha messo una sua foto nel suo profilo di faceboock e la mantiene perchè Vittorio non deve essere mai dimenticato, perchè le istituzioni italiane non hanno fatto onore alla sua famiglia e alla sua morte, perchè seguivo il suo blog dal 2008, perchè era riuscito a innestare nel cuore e nella mente dei giovani palestinesi l’idea di una possibile rinconciliazione tra Hamas e Fatah, perchè Vittorio amava le utopie e le utopie sono alla base di ogni cambiamento e non bisogna mai smettere di crederci.
#6
alessandro
che dolore ancora..Vik ha cambiato la vita di tanti che lo hanno conosciuto…anche la mia…hermano manchi tanto …
#8
Charles Benson
Ma che fine ha fatto l’ultimo articolo, “La battaglia di Keratea” ?
Era veramente bello e scritto molto bene.
Cosa è successo? Sembra esserne sparita ogni traccia,
tag compresa, anche se è ancora indicizzato su google
#10
Disoccupate Le Aule Dalla Verità | La Privata Repubblica
[…] – LEGGI ANCHE: “UN UMANO“ […]
#11
Marko Ramius
Buono.
@Charles Benson e McLaud: http://www.laprivatarepubblica.com/la-battaglia-di-keratea/
#1
mezzatazza
Bello.