Se È Vietato È Obbligatorio

Pubblicato da Blicero il 27.04.2009

Vietato-Obbligatorio

Ormai ci siamo quasi. La campagna elettorale, dopo mesi e mesi di estenuanti dibattiti, proposte, controproposte, udienze e arresti sta finalmente per giungere al termine. La volontà del popolo si esprimerà nel più puro dei riti di una Democrazia moderna ed evoluta: il voto libero, incondizionato e scevro da volgari condizionamenti mediatici e da sordidi scambi politici.

Il grande spiazzo adibito a platea per il comizio conclusivo del Candidato dell’Unione Degli Estremisti Democratici è sovrastato dallo scheletro di un reattore nucleare in avanzato stato di abbandono: i lavori sono fermi da almeno 5 anni, dato che i fondi statali ed europei per il progetto sono spariti dopo 6 mesi dall’aggiudicazione dell’appalto da parte di una oscura società slovena con sede nelle Isole Jersey che è fallita, sorprendentemente, per bancarotta fraudolenta. I tendoni, gli stand e i chioschi occupano la terra brulla e riarsa dall’afa senza sole che scioglie l’atmosfera in una specie di vapore nebulizzato di calura, eccitazione, sospetto e speranza. L’antico tempio greco, completamente in rovina, sta sullo sfondo del paese, oscurato da manifesti, bandiere, stendardi, palloncini e qualsiasi altro tipo di oggettistica che consenta un predominio visivo tale da rimanere indelebilmente fissato nella testa dei cittadini/elettori – specialmente dentro la Sacra Cabina, dove l’occhio della politica non può che addentrarsi se non in maniera subdolamente indiretta.

Il paese, come al solito, si è entusiasticamente riversato in massa all’Evento che religiosamente si ripete ogni cinque anni nelle sue forme più compulsive, ansiogene e giustizialiste.

“Allora, come siamo messi?” chiede nervosamente il Candidato dell’UDEC al suo staff composto da uno spin-doctor esperto in turbative d’asta, un consigliere politico che vanta al suo attivo 72 avvisi di garanzia e tre condanne definitive per reati vari contro la Pubblica Amministrazione ed un gestore elettorale/giornalista italo-russo tossicodipendente pieno di tatuaggi.

“Dovremmo farcela questa volta, siamo avanti a tutti gli altri, veramente avanti” risponde il consumato spin-doc, intento ad armeggiare una bottiglia di birra di produzione locale. Il container adibito ad ufficio elettorale si fa sempre più stretto ed opprimente. Il cons. pol. chiude il cellulare, il volto torvo, si avvicina al Candidato, gli stringe il braccio e gli sussurra qualcosa all’orecchio. “Porca troia, puttana eva maledetta e succhiacazzi! – erompe il Candidato, scagliando la bandierina del partito (che rigirava ossessivamente tra le mani) sulla parete – Chi cazzo doveva controllare i certificati penali degli altri candidati, eh? Chi? Cazzo? Era? Mi spiegate perché dovrei prendere soldi dai miei fondi neri per pagarvi?” Il gestore/giornalista è colui che si occupa dei profili degli avversari politici – ovvero colui che gira per le cancellerie dei tribunali a richiedere copia delle fedine penali e delle eventuali (presenti nella quasi totalità dei casi) sentenze di condanna. Dopo aver riposto sul tavolo lo specchietto e la banconota impolverata il g/g cerca di rassicurare il suo datore di lavoro (nero): “Sai già chi se ne occupa, ma ti assicuro che avevo controllato tutto”. “Davvero? E com’è che devo venire a sapere dalla Capitale, dai colleghi di partito avverso, che il mio avversario del Popolo Dei Riformisti Demoarrestati è stato rinviato a giudizio tre – dico TRE, non l’altro ieri – mesi fa per associazione a delinquere finalizzata all’infiltrazione mafiosa nelle energie rinnovabili?” Il g/g scrolla le spalle: “Dopo che voi avete approvato quella legge sul divieto totale di pubblicazione degli atti giudiziari è praticamente impossibile venire a sapere qualcosa prima della Cassazione. E poi è solo un rinvio a giudizio…” Il Candidato sbotta fragorosamente, accompagnando il suo sfogo con un eclatante gesto rotatorio delle braccia: “Cazzate! Cazzate! Nient’altro che cazzate!” Il cons. pol. cerca di tranquillizzarlo: “Andiamo, su, abbiamo dalla nostra un 416-bis, quattro 416-ter, favoreggiamento con l’aggravante mafiosa, falso in atto pubblico, truffa, ricettazione, peculato, abuso d’ufficio e frode nelle pubbliche forniture. Siamo davvero blindati per questa tornata elettorale. B-l-i-n-d-a-t-i.”

F

Il Candidato rivolge le spalle al suo staff e fissa intensamente il suo poster ufficiale che recita “UN OFFERTA CHE NON POTETE PROPRIO RIFIUTARE” in un vistoso e pacchiano corpo 24: “E di quel bastardo del Partito Per La Libertà Vigilata che mi dici?” Lo spin-doc, comodamente seduto, intento ad ingollare avidamente la birra, provvede ad elencare i meriti del nemico: “Corruzione in atti giudiziari, concussione, estorsione, false fatture, frode fiscale, vari falsi in bilancio, un commissariamento nell’Asl che dirigeva anni fa. Robetta, in confronto a noi. Reati minori. Chi non fa un’estorsione o un falso in bilancio al giorno d’oggi?”

Nessuno sa di preciso il momento in cui le elezioni si sono trasformate da un duello su vacue ed irrealizzabili proposte demagogiche e populiste ad un ilare elenco di condanne penali passate in giudicato. Ma un tale rovesciamento di prospettiva alla fine è risultato apprezzato, o ignorato, o quantomeno non osteggiato, pressoché da tutti – probabilmente per una sorta di rimozione dell’ipocrisia o per qualcosa che ha a che fare con un concetto distorto di trasparenza. Il trend degli ultimi anni consiste in una banalissima operazione aritmetica: chi ha totalizzato più anni di carcere (chiaramente virtuali tra indulti e sconti di pena) è destinato a vincere. Una situazione decisamente sfacciata, ma a cui nessuno sembra dargli giustamente alcun peso. La realtà è ciò che è, non ciò che dovrebbe essere. Di sicuro il popolo, accorso diligente ed ordinato a questa grande manifestazione di libertà e democrazia, ha la testa rivolta altrove, come sempre. I ragazzi sono tutti presi a giocare ai vari baracchini, sicuramente per far colpo sulle ragazzine: “Ricusa Il Tuo Giudice Naturale”, “Sposta Il Processo In Sedi Improbabili E Sotto Organico” e “Fai Saltare In Aria Il Tuo Pm” sono quelli che attirano le attenzioni maggiori. Anche “Aiuta Il Potente Di Turno A Farla Franca” sembra molto di voga quest’anno, forse per la sua intrinseca carica solidaristica e velatamente vaticana che sembra suggerire il suo meccanismo. Per non parlare di “Smantella L’Antimafia E La Legalità Con Violente E Gratuite Delegittimazioni” – un’autentica meraviglia liberatoria. Lo sgangherato rombo di un biplano anteguerra ricopre la musica folk che proviene dal palco, obbligando i cittadini/elettori a volgere lo sguardo verso il cielo plumbeo e denso di scarichi industriali illegali. L’aereo, più che trainare l’enorme striscione attaccato alla coda, sembra esserne trainato: “TUTTI PER IL CANDIDATO – 18 ANNI E 7 MESI DI RECLUSIONE…E STIAMO ANCORA CONTANDO!” Un timido applauso saluta l’uscita di scena dell’attrazione pubblicitaria – un’uscita piuttosto definitiva, celebrata da un fragoroso schianto e da una serie di anelli di fuoco & fiamme, pericolosamente (una decina di metri) vicino alla centrale dismessa.

Il palco viene sgomberato in fretta e furia ed una specie di pulpito viene installato nel tempo di valore europeo di 6,3 secondi. La folla comincia a mormorare, i giochi vengono sospesi (tranne quello sullo spostamento dei processi, ma solo perché non si può intralciare la macchina della Ludogiustizia). La sensazione di sospensione è soverchiante. Il grande momento si avvicina. Dal container escono il Candidato dell’UDEC, seguito dal suo fedele staff, vera e propria banda elettorale che rasenta i limiti della perfezione ed oltrepassa quelli del codice penale. I cittadini incominciano ad inneggiare ed invocare il Candidato, cercano di toccarlo, di farsi infondere la Grazia Penale, di farsi irradiare dalla sua abbacinante aurea di criminalità di alto livello. Volano promesse, voti di scambio, rassicurazioni su tangenti, percentuali, aste truccate, subappalti nel nord del paese – sono le scene di gran lunga preferite dal Candidato, l’ariete per far breccia nell’opinione pubblica.

Ora il Candidato è in piedi, sul pulpito, si liscia i capelli, si toglie gli occhiali, li pulisce e li inforca di nuovo, si schiarisce la voce per qualche minuto, si strofina il naso, si aggiusta la cravatta ed il colletto della camicia.

W

“Cari concittadini, permettetemi di rivolgervi una domanda prima di iniziare. Che tipo di politica stiamo cercando di propugnare, qui, ora? Una politica corrotta e collusa che depreda sistematicamente le casse dello Stato a favore di poche oligarchie economico-mafiose o una politica pulita che segue i bisogni della gente e che cerca di risolverne i problemi?”

Un urlo promana da sotto il palco: “Mafia, mafia, MAFIA!” Le grida risuonano e si rincorrono “La prima! I corrotti! MAFIA!” Lo scroscio di applausi si riversa e converge sul pulpito del Candidato, già infuocato di suo. “Sono anni ormai che mi batto contro l’inutilità di una campagna elettorale basata su programmi e promesse: non abbiamo mai avuto la volontà di realizzare alcunché di quello che diciamo ad urne chiuse per rastrellare voti. Io lo so. Voi, soprattutto, lo sapete meglio di me. E allora perché prendersi in giro? Non ha alcun senso”. Silenzio riverenziale.

“Come fare allora per riaffermare la centralità dello Stato? Semplice. Attraverso un’impressionante serie di reati.” Applausi. “È giunto il momento in cui la politica deve assumere sulle spalle degli altri il peso delle sue scelte: l’antimafia e la legalità sono due principi obsoleti e ripugnanti che non hanno fatto altro che delegittimare la criminalità. Cittadini, è scoccata l’ora in cui i politici e i criminali devono fondersi in un’unica entità, come ho fatto io, per dire tutti insieme: quello Stato schifoso sono loro. Ci dicono che l’economia di ogni democrazia si basa sulle regole del mercato, sulla fiducia negli investimenti e sulla limpidezza delle transazioni commerciali. Calunnie! Falsità! L’economia di quest’epoca post-politica si basa sul sommerso, sul mercato nero, sulla corruzione e sul riciclaggio. E noi siamo qui per questo: per dare finalmente l’agognata legittimità a queste pratiche illegali!” Il Candidato punta l’indice verso il cielo per caricare d’enfasi la sua orazione. Piovono applausi e fischi di approvazione – la massa raggruppata all’ombra della speculazione edilizia/ecomafiosa tende inesorabilmente al delirio.

“Pensateci un attimo, pensate ai politici-criminali: non è un atto di estremo sacrificio per loro, quello di esporsi in prima persona? Non è un atto profondamente cristiano e cattolico? Potrei stare tranquillamente nelle mie ville ad ingrassare più di così, a godermi il mio bottino, a frequentare i parrini seri, quelli con le palle, ma invece sono qui in mezzo a voi ignoranti, truffati e derubati, ad accumulare sempre più condanne per nuocere alla collettività in modo che affondi sempre di più, salvo poi rialzarsi a colpi di Fondo Monetario Internazionale al prossimo default”. Altri applausi, sempre più convinti, e altre grida di giubilo: “MAFIA! MAFIA!”

“La scelta è in mano vostra: preferite un capo d’imputazione per associazione a delinquere di stampo mafioso o uno per una banale corruzione?” “416-BIS, 416-BIS!” “Siamo d’accordo allora. Fuori lo Stato dalla mafia!” “FUORI LO STATO DALLA MAFIA! SI!” “Si, così!” Il Candidato si asciuga la fronte con un raffinato fazzoletto di seta, brandisce i pugni per aria e con tono di voce accaldato ma deciso invita la cittadinanza ad una scelta risolutiva: “E allora votatemi, vi garantisco una vera rivoluzione mafioderata!” Il Candidato guarda il suo staff e indica loro l’orologio, un velo di preoccupazione a corrucciargli il viso. Il labiale del cons. pol. recita: “Ora arrivano, ora arrivano”.

Divo

Il comizio è finito, ma la folla non si disperde, non può farlo: cinque volanti della polizia irrompono sulla scena, a sirene spiegate, con l’unico scopo di turbare quest’autentica festa della Democrazia e della Volontà Popolare. Quattro agenti, il passamontagna a coprire le facce ripugnanti della Legge, corrono sul palco e afferrano il Candidato, che sembra sgomento e atterrito (nonostante l’abitudine), lo strattonano e gli stringono le manette ai polsi, trascinandolo via dentro la volante più vicina. Il rischio linciaggio è enorme. Il Candidato, sgolandosi, invita alla calma, per quanto possibile: “Lasciate fare questi sbirri pezzi di cane, tranquilli, state tranquilli!” Il vetro posteriore sinistro dell’auto riflette il sorriso sardonico del Candidato.

La vittoria è ora irrevocabilmente in pugno.

(Illustrazioni: Sospensorio)

(Pubblicato anche su ScaricaBile n. 14)

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Drop the Hate / Commenti (2)

#1

Andrea Poulain
Rilasciato il 29.04.09

cazzu cazzu, iu iu!

#2

AkillerDee
Rilasciato il 08.05.09

Fuori lo Stato dalla Mafia.Fuori la Mafia dallo Stato è un controsenso.

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