Il Sangue È Un’Edera

Pubblicato da Blicero il 26.08.2009

depthcore

Incubi di una mattina di trequarti d’estate, appiccicume e bocca allappata. In un’intervista al quotidiano Riformista il sen. preg. don. Marcello Dell’Utri, riferendosi alle stragi ’92-’93, ha detto: “Io penso che bisognerebbe fare di tutto per approfondire, per scoprire cosa è successo nel ’92. Sono io il primo che dice: facciamo anche una commissione d’inchiesta. E la proporrò personalmente, se non lo fa prima il mio partito”.

Non pago, l’illustre bibliofilo fondatore di Forza Italia ha aggiunto, con grave sprezzo del pericolo:

È assurdo che non ci sia stato ancora un verdetto di verità acclarata, accettata da tutti. È pur vero che che si sono celebrati diversi processi, ma pare che tutto sia sbagliato perchè ci sono delle novità? Bene, allora si approfondisca, che si indaghi ancora su quel periodo e su quanto è successo. Credo che sia importante per tutti, per la politica e per il paese.

Certo, nessuno lo mette in dubbio. La questione è davvero importante, quasi sicuramente è la più importante: la drammatica origine della Seconda repubblica, il patto fondativo sigillato con il tritolo, il pilastro insanguinato – terribile monito – che si erge sugli incerti equilibri post Mani Pulite, l’indicibile cointeressenza che sta faticosamente uscendo dal cono d’ombra grazie alle dichiarazioni di Massimo Ciancimino e al lavoro d’indagine dei pm antimafia.

Nessun trucco, nessuno sconvolgimento. Se non fosse Dell’Utri, Dell’Utri sarebbe bollato come il solito professionista dell’antimafia in cerca di notorietà. Ma fortunatamente Dell’Utri non lo è, anzi. Dell’Utri è quello che, secondo i giudici di Palermo, ha fornito

un concreto, volontario consapevole, specifico e prezioso contributo al mantenimento, consolidamento e rafforzamento di “cosa nostra”.

Ed è sempre Dell’Utri colui che

ha voluto mantenere vivo per circa trent’anni il suo rapporto con l’organizzazione mafiosa (sopravvissuto anche alle stragi del 1992 e 1993, quando i tradizionali referenti, non più affidabili, venivano raggiunti dalla “vendetta” di “cosa nostra”), nonostante il mutare della coscienza sociale di fronte al fenomeno mafioso nel suo complesso.

Ora, ci può essere un solo dubbio? Una timida, pavida esitazione? Nient’affatto: questo è l’uomo perfetto per indagare in profondità sulle stragi mafiose. E’ un po’ come se Milosevic si fosse messo a capo del tribunale dell’Aja per giudicarsi, oppure come se Matteo Messina Denaro fosse nominato presidente della Consob in virtù dei meriti acquisiti sul campo, o come se Cheney fosse insignito del premio Nobel per aver portato la democrazia in Medio Oriente, e così via.

Il papello parlamentare

Dell’Utri, nella stessa intervista, offre una diversa chiave di lettura dei suoi intenti: quella autentica. “Non si può stare qui a sentir parlare dell’accordo fra Stato e mafia come se fosse l’accordo con Confindustria o con i sindacati. Indaghiamo sul serio e non tralasciamo alcunchè”. A tradurre il mezzo-messaggio di Dell’Utri ci ha pensato l’apposito Lino Jannuzzi (da anni portavoce delle più aberranti correnti di pensiero anti-antimafiose), che ha gentilmente confezionato una sorta di papello parlamentare da consultare periodicamente durante i lavori della commissione  – se mai questa ci sarà.

Secondo il noto giornalista le “procure professioniste dell’antimafia” hanno sbagliato tutto nelle indagini sulla strage di via D’Amelio e, accortesi del loro fallimento, “hanno ripreso a parlare confusamente di “trattative” tra lo Stato e la mafia” riprendendo (?) a processare, “invece dei mafiosi”, i carabinieri che li hanno acciuffati. Questo sarà il primo punto di cui si dovrà occupare il Parlamento: demolire pm e giudici che hanno osato indicare, oltri agli esecutori e i mandanti mafiosi, i mandati occulti ed i loro fiancheggiatori istituzionali.

Fondamentale sarà anche la trattazione dell’omicidio Lima, ma solo per arrivare al fenomeno del pentitismo. Se è vero che “quel tale Pellegriti” accusò Lima di essere il mandante dell’omicidio Mattarella, quale centrale politica deviata lo ha manipolato per “inguaiare, prima di ucciderlo, il capo della corrente di Andreotti in Sicilia”? Se qualche deputato poco sveglio non avesse colto, ecco la spiegazione per Gasparri: Pellegriti non è altro che una sineddoche di tutti i pentiti che hanno complottato contro Andreotti nel processo per mafia. Dunque: pentiti = cattivi; pm professionisti dell’antimafia = incauti; Andreotti = Assolto, Assolto, Assolto.

Il compito più complesso e difficile arriva nei dintorni di via D’Amelio, e naturalmente non riguarda la famosa “trattativa”, la scomparsa dell’agenda rossa o il ruolo dei servizi segreti nella strage. No, tutt’altro. Riguarda i processi che i soliti professionisti dell’antimafia1 hanno ignominiosamente scatenato contro i carabinieri. Ma attenzione: non a tutti i carabinieri, solo a 7 di loro – “dal maresciallo al generale, il fior fiore dell’Arma Benemerita, il meglio che lo Stato ha offerto per combattere la mafia negli anni delle stragi”.

Non sono richieste esose. La convergenza a Montecitorio, a Palazzo Madama e alla Rai è più che favorevole. Ovunque si respira un’augurale propensione al massacro politico-mediatico, nell’etere vibra un’armoniosa smania inquisitoria per far uscire dalla programmazione della memoria queste brutte storie di mafia, orribili squarci del passato che disturbano le riforme ed il sacrosanto lavoro del governo.

A voler strafare, ma neanche troppo, la commissione potrebbe presentare la sua relazione finale con le seguenti conclusioni: Falcone è stato ucciso dal Kgb perchè aveva scoperto che Cosa Nostra riciclava i denari di Andropov (e/o di Prodi, due piccioni con una lupara); in via D’Amelio è stata fatta saltare una caldaia a causa di sbadati operatori stazionanti nel Castello Utveggio, verosimilmente avvelenati con il polonio; le bombe scoppiate nel continente vanno ascritte ad un’Al-Qaeda ante litteram, che stava conducendo le prove generali dell’11/9 in Italia.

Inoltre non sfigurerebbero affatto, come conclusione generale del fiero lavoro dei Rappresentanti della Nazione, queste parole:

Ma non esiste la mafia. Che cos’è la mafia? E’ un posto dove lei va a bussare e dice: “Permette? Qui c’è la mafia? Chi è il direttore generale?” Non esiste. La mafia è un modo di essere, un modo di pensare. E’ una cultura, che non è la nostra. E’ la cultura di quelli che sono mafiosi.

Firmato: il Presidente della Commissione Parlamentare d’Indagine Su Chi Indaga Seriamente Sulle Stragi ’92-’93, sen. preg. don. Marcello Dell’Utri, a disposizione di “cosa nostra” da circa trent’anni, conoscitore delle dinamiche dell’ambiente mafioso “per tutta la storia pregressa legata all’esercizio delle sue attività manageriali di alto livello”, elogiatore di eroi mafiosi.

Per l’impunità dei vivi e dei morti, di prescrizione in (auto)assoluzione.

Il Loro regno non avrà fine.

(Immagine: Depthcore)

  1. Nell’articolo-papello l’espressione viene ripetuta 4 volte, probabilmente per rimarcare il concetto. []

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Drop the Hate / Commenti (1)

#1

prefe
Rilasciato il 26.08.09

Ma questo, tra l’altro, non dovrebbe stare in galera?

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