Come Autogestire Una Fabbrica In #Grecia

Pubblicato da Blicero il 19.07.2012

Fino al 2009 la Viomihaniki Metalleytiki (Biometal), una fabbrica di Salonicco controllata dal colosso della ceramica Filkeram-Johnson, era un’azienda sana che dava lavoro a circa 70 persone. Poi, nel 2010, è arrivata la Memorandumcrazia. Anagnostou Ioakeim, supervisore del reparto colla industriale e presidente del sindacato della Biometal, racconta in un video realizzato da Alterthess.gr: “Il bilancio ha registrato una perdita nominale di 300mila euro, specialmente perché alcuni prestiti (per un totale di 1 milione e 900mila €) sono stati ritirati dalla compagnia controllante”.

Nel maggio 2011 la Filkeram-Johnson ritiene che la fabbrica non abbia alcuna possibilità di sopravvivere e decide di abbandonarla. I dipendenti, a fronte di ritardi sempre più consistenti nel pagamento degli stipendi, scioperano e si astengono dal lavoro (la figura giuridica si chiama epishesi ergasias). Da 14 mesi percepiscono solo un misero sussidio di 359 € al mese e controllano la fabbrica a turni, per evitare che i macchinari vengano portati via. “La situazione è terribile, estremamente difficile, qualche persona ha enormi problemi e sta perdendo tutto. Tra di noi cerchiamo di aiutarci”, dice il tesoriere del sindacato Dimitris Mokas. Lo stesso spiega anche com’è nata l’idea di autogestirsi: “Dopo aver ricevuto l’informazione su un caso simile in Argentina, in una riunione un membro del sindacato si è chiesto se noi lavoratori non potessimo prendere il destino della fabbrica nelle nostre mani”.

Di qui la decisione – votata dal 98% dei 42 iscritti al sindacato – di provare a riprendersi l’azienda e amministrarla tramite una cooperativa. I fondi necessari alla costituzione della nuova società, circa 23mila €, dovranno essere versati dai dipendenti tramite l’anticipo dei due anni di mobilità più i sussidi di disoccupazione. Anagnostou Ioakeim caldeggia anche le dimissioni del precedente consiglio d’amministrazione e dei dirigenti che hanno portato la fabbrica al punto in cui si trova adesso: “Non avranno alcun ruolo nella futura gestione dei lavoratori”. Quest’ultimi, inoltre, chiedono che il prestito di 1 milione e 900mila euro sia posto a carico della compagnia controllante, dal momento che è lei a possedere tutte le azioni.

La storia della Biometal mi ha subito ricordato quella delle Modellerie D&C – una fabbrica in provincia di Padova fallita nel 2010, riacquistata dai lavoratori e ora completamente autogestita. In quell’occasione ho potuto intervistare il professor Bruno Jossa, autore di diversi saggi sulle società cooperative (tra cui L’ impresa democratica. Un sistema di imprese cooperative come nuovo modo di produzione, La teoria economica delle cooperative di produzione e la possibile fine del capitalismo, ecc.), il quale trova “inspiegabile” e “stranissimo” che, specialmente in un momento come questo, lo strumento della cooperativa sia utilizzato in maniera così sporadica ed estemporanea:

È successo altre volte in Argentina, è successo nell’Italia degli anni ’70, quando un centinaio di imprese nacquero in questo modo. Ma insomma, non è la regola. Oggi che viviamo in una crisi così grave la soluzione sarebbe sempre quella di lasciare gestire le imprese ai lavoratori. Purtroppo c’è un’area ostile a questa idea. L’idea non è gradita dai padroni e, quello che è più strano – ma purtroppo è così – è che sono i sindacati a non appoggiare questa soluzione. Se i sindacati si convertissero a questa idea, che è un’idea guida del vecchio socialismo, risolveremmo le crisi in modo magnifico. La crisi attuale non sarebbe più così grave, e non perderemmo migliaia di posti in poco tempo.

Ad ogni modo, i lavoratori della Biometal sono estremamente fiduciosi. “Siamo sicuri al 100% di ottenere quello che vogliamo”, dice Dimitris Mokas, sorridendo alla telecamera. Non sarà facile.

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Drop the Hate / Commenti (14)

#1

Swarzy
Rilasciato il 20.07.12

Ok, da domani cominciamo ad autogestire la Microsoft. Anzi no, la Apple o perché no autogestiamo anche una fabbrica di produzione robotica o farmaceutica.
D’altronde l’operaio vale sempre di più del laureato in chimica o del laureato in economia.
Non si può protestare perché non ci sono avanzamenti di carriera e il percorso di studi non viene mai qualificato e poi pretendere che il sistema produttivo di un paese di basi sull’autogestione.
Usciremo mai dagli anni settanta?

#2

John Blacksad
Rilasciato il 20.07.12

“Usciremo mai dagli anni settanta?”
Non so, tu di certo non sei mai uscito dal cesso

#3

Voi non potete Senza padrone ? Noi possiamo Autogestirci la Vita - Reset Italia
Rilasciato il 22.07.12

[…] Come Autogestire Una Fabbrica In #Grecia Fino al 2009 la Viomihaniki Metalleytiki (Biometal), una fabbrica di Salonicco controllata dal colosso della ceramica Filkeram-Johnson, era un’azienda sana che dava lavoro a circa 70 persone. Poi, nel 2010, è arrivata la Memorandumcrazia. Anagnostou Ioakeim, supervisore del reparto colla industriale e presidente del sindacato della Biometal, racconta in un video realizzato da Alterthess.gr: “Il bilancio ha registrato una perdita nominale di 300mila euro, specialmente perché alcuni prestiti (per un totale di 1 milione e 900mila €) sono stati ritirati dalla compagnia controllante”. Nel maggio 2011 la Filkeram-Johnson ritiene che la fabbrica non abbia alcuna possibilità di sopravvivere e decide di abbandonarla. I dipendenti, a fronte di ritardi sempre più consistenti nel pagamento degli stipendi, scioperano e si astengono dal lavoro (la figura giuridica si chiama epishesi ergasias). Da 14 mesi percepiscono solo un misero sussidio di 359 € al mese e controllano la fabbrica a turni, per evitare che i macchinari vengano portati via. “La situazione è terribile, estremamente difficile, qualche persona ha enormi problemi e sta perdendo tutto. Tra di noi cerchiamo di aiutarci”, dice il tesoriere del sindacato Dimitris Mokas. Lo stesso spiega anche com’è nata l’idea di autogestirsi: “Dopo aver ricevuto l’informazione su un caso simile in Argentina, in una riunione un membro del sindacato si è chiesto se noi lavoratori non potessimo prendere il destino della fabbrica nelle nostre mani”. Di qui la decisione – votata dal 98% dei 42 iscritti al sindacato – di provare a riprendersi l’azienda e amministrarla tramite una cooperativa. I fondi necessari alla costituzione della nuova società, circa 23mila €, dovranno essere versati dai dipendenti tramite l’anticipo dei due anni di mobilità più i sussidi di disoccupazione. Anagnostou Ioakeim caldeggia anche le dimissioni del precedente consiglio d’amministrazione e dei dirigenti che hanno portato la fabbrica al punto in cui si trova adesso: “Non avranno alcun ruolo nella futura gestione dei lavoratori”. Quest’ultimi, inoltre, chiedono che il prestito di 1 milione e 900mila euro sia posto a carico della compagnia controllante, dal momento che è lei a possedere tutte le azioni. La storia della Biometal mi ha subito ricordato quella delle Modellerie D&C – una fabbrica in provincia di Padova fallita nel 2010, riacquistata dai lavoratori e ora completamente autogestita. In quell’occasione ho potuto intervistare il professor Bruno Jossa, autore di diversi saggi sulle società cooperative (tra cui L’ impresa democratica. Un sistema di imprese cooperative come nuovo modo di produzione, La teoria economica delle cooperative di produzione e la possibile fine del capitalismo, ecc.), il quale trova “inspiegabile” e “stranissimo” che, specialmente in un momento come questo, lo strumento della cooperativa sia utilizzato in maniera così sporadica ed estemporanea: È successo altre volte in Argentina, è successo nell’Italia degli anni ’70, quando un centinaio di imprese nacquero in questo modo. Ma insomma, non è la regola. Oggi che viviamo in una crisi così grave la soluzione sarebbe sempre quella di lasciare gestire le imprese ai lavoratori. Purtroppo c’è un’area ostile a questa idea. L’idea non è gradita dai padroni e, quello che è più strano – ma purtroppo è così – è che sono i sindacati a non appoggiare questa soluzione. Se i sindacati si convertissero a questa idea, che è un’idea guida del vecchio socialismo, risolveremmo le crisi in modo magnifico. La crisi attuale non sarebbe più così grave, e non perderemmo migliaia di posti in poco tempo.Ad ogni modo, i lavoratori della Biometal sono estremamente fiduciosi. “Siamo sicuri al 100% di ottenere quello che vogliamo”, dice Dimitris Mokas, sorridendo alla telecamera. Non sarà facile. […]

#4

John Blacksad
Rilasciato il 23.07.12

Nel frattempo, in Grecia viene represso lo sciopero di un’altra fabbrica,
che durava da mezzo anno
http://blog.occupiedlondon.org/2012/07/20/riot-police-raid-greek-steelworks-factory-arrest-striking-workers-and-break-the-strike/

Ho trovato un sito/blog sull’autogestione di Salonicco e non solo,
sembra piuttosto ricco e articolato
http://federacion-salonica.blogspot.gr/

#5

L.
Rilasciato il 23.07.12

E tu uscirai mai dal tunnel della droga? Microsoft? Apple? Qui si sta parlando di piccole-medie imprese perlopiù artigiane, ai cui vertici la gestione, per menefreghismo, negligenza o incompetenza, non ha nulla da insegnare all’operaio che ci lavora da 20 anni e sa benissimo come “gira” l’azienda. E’ un discorso non applicabile a tutte le realtà ma per alcune ha dimostrato di essere fattibile e sta funzionando. Che a te non venga riconosciuto nulla è il minimo che si possa fare.

#6

Swarzy
Rilasciato il 23.07.12

Tunnel della Droga? Era dalle medie che non sentivo repliche così caustiche, così acute.
Al solito NON si parla di una soluzione per le medie e piccole imprese ma di una Soluzione Tout Court, ma magari mi sbaglio, magari leggo male.
Il problema che volevo porre (in maniera un po’ acida, sarà l’MDMA scaduto che compro) riguardo l’autogestione riguarda l’ovvia limitatezza dell’operaio nel gestire un’azienda.
Certo i vertici ladri e affamatori andrebbero colpiti e puniti con rabbia e forza, ma l’autogestione, a mio modesto parere, può funzionare solo come rimedio a breve termine.
Perché l’operaio saprà anche far funzionare i macchinari, tenere in piedi l’azienda senza il manager o altro ma non potrà mai portarla più in là di questo, condannandola ad una fissità ed ad una limitatezza che porteranno ad una nuova chiusura.
Sì all’autogestione fino a che, magari anche lo stesso comitato di operai perché no, non sia rimessa in mani più capaci e affidabili da poterla far viaggiare in acque più serene.
Spero d’esser stato chiaro,
Ora vado a sniffare un po’ di coca con la polvere da sparo che mi sta scendendo la pasta.
Cordiali ciao.
Swarzy.

#7

Voi non potete Senza padrone ? Noi possiamo Autogestirci la Vita | Informare per Resistere
Rilasciato il 23.07.12

[…] Come Autogestire Una Fabbrica In #Grecia […]

#8

Eins-kun
Rilasciato il 24.07.12

Non credo che per autogestione s’intenda un’azienda priva di qualsiasi amministrazione, laureati, marketing e cos’altro, controllata e gestita solo dai operai.
Nell’autogestione sono i “lavoratori” stessi a essere imprenditori, a decidere come vengono investiti i soldi dell’azienda, a decidere la propria amministrazione e mandarli a casa qual’ora causassero problemi. E questi “lavoratori” sono tutti, dai laureati agli operai, tutti quelli che lavorano all’interno di quell’azienda.
Non lo trovo molto differente dalla democrazia politica, dove decidiamo le persone che crediamo più competenti per gestire la nostra vita sulla base dei nostri interessi (in teoria).
Ovviamente trovo ingiusto trasformare le aziende in… “aziende democratiche” ma credo che sarebbe interessante (sopratutto in tempo di crisi) vederle nascere e crescere promuovendo un nuovo tipo di imprenditoria.
Poi, se funziona o meno, non possiamo saperlo senza averci nemmeno provato. E se funzionasse per una piccola anzienda, dubito che non possa funzionare per una grande, come microsoft o apple.

#9

Swarzy
Rilasciato il 24.07.12

Un’azienda “Democratica”, o meglio “Soviet” se complessa e grande, è ovviamente destinata a non funzionare.
Come si decidono le politiche economiche dell’azienda? Chi le decide? Il voto degli operai vale tanto quanto quello del dipendente del Settore Economico? Chessò, le politiche per la sicurezza sul lavoro le devono decidere gli operai o devono esserci degli specializzati che individuano i rischi e vi cercano rimedio?
L’idea dell’autogestione ha senso in quelle aziende in cui il sistema s’è dimostrato fallace e falso. Quelle aziende dove i vertici, i “responsabili”, se la sono battuta a gambe levate, con malloppo e lasciando gli operai a gestire i buchi e le falle create dai manager incompetenti e tagliateste.
Capisco e condivido la rabbia contro questi affamatori del popolo questi manager, spesso incompetenti e paraculati, che succhiano via la vita degli operai semplici per il proprio profitto dividendo le perdite e incassando gli utili.
Ma un’azienda non può funzionare come una democrazia, necessità di competenza ed esperienza e, soprattutto, di qualcuno che si assuma responsabilità e rischi.
Questo dovrebbe essere il primo compito dell’amministratore delegato o del presidente o chi per lui a paga maggiore corrisponde un maggiore rischio e una maggiore responsabilità.
Se l’azienda perde, il primo a rimetterci dovrebbe essere lui (e ovviamente l’entourage che si porta appresso).
Con l’alzarsi dello stipendio s’alza il livello di responsabilità.
Un operaio specializzato che viene messo a controllo di un settore produttivo dell’azienda in cambio di una retribuzione maggiore risponde personalmente del malfunzionamento o degli uomini a lui sottoposti.
Perché un dirigente no? Su questo appoggio su tutta la linea.
Io più che autogestione tenterei un maggiore coinvolgimento nelle politiche e nelle decisioni aziendali degli operai, chessò dando un pacchetto azionario a tutti i dipendenti (in caso di s.p.a.).
Sono totalmente favorevole ad una completa trasparenza della documentazione per i dipendenti stretti, insomma ogni e qualsiasi tentativo possibile affinché l’operaio si leghi e si crei quello che si chiama “affezione all’azienda” che, tutti qui sanno, rende all’azienda molto più che investimenti inutili.
La gerarchia, però, deve esserci non può essere eliminata, le aziende oggi giorno sono sempre più complesse e complicate e si muovono in un terreno globale che necessita competenze specifiche e mirate.
Un’azienda autogestita nel mondo globalizzato ha poche possibilità di sopravvivenza.
Un’azienda con una forte partecipazione dei suoi operai, più trasparente nella comunicazione con questi ultimi, con una possibilità di carriera e valorizzazione di competenze al suo interno molto forte in un contesto legale e nazionale in cui “chi sbaglia paga” e le colpe sono equamente distribuite secondo il grado di responsabilità, quella sì, a mio modestissimo avviso, può funzionare.
Quindi l’odio verso l’imprenditore tuout court, come qualsiasi odio verso una classe generalizzata di persone, non dovrebbe essere motore di nessuna idea politica o economica o sociale.
Altrimenti si rischia di buttare via acqua sporca e bambino.

#10

Eins-kun
Rilasciato il 24.07.12

Sono ottimista verso un’azienda “soviet”, non lo considero soltanto un tampone da utilizzare per limitare i danni in attesa dell’arrivo di un nuovo imprenditore (con fondi per farla ripartire, immagino). Per quanto riguarda la gestione, si, il voto dei operai vale quanto quello del settore economico. Le politiche per la sicurezza le decidono gli specializzati che ne individuano i rischi, ma se queste politiche sono insufficenti o troppo costose saranno gli operai a deciderlo.
Con questo però non intendo dire che le aziende dovrebbero diventare “soviet”, secondo me il problema dei manager irresponsabili, operai sottopagati, riguardano un discorso diverso che si basa sui controlli e la volontà dello stato di ignorare o meno queste problematiche.

#11

Swarzy
Rilasciato il 25.07.12

Non la pensiamo uguale, è palese.
L’operaio di politiche economiche non ne sa nulla come può decidere? E la maieutica non serve a nulla, non mi metto certo a spigare cose che uno studente medio impiega sette anni a capire.
Ci serve un Responsabile che prenda dei rischi affidare il potere al proletariato o alla classe operaia (che poi esiste ancora? è classe?) porta solo danno a mio parere.
Ossequi, la concludo qui che oltre non so andare e che non voglio tempestare di commenti l’articolo.

#12

Giorgio DC
Rilasciato il 01.08.12

@swarzy guardati “The take” di Naomi Klein, qui:
http://vimeo.com/10061195

poi se ne riparla.

#13

L.
Rilasciato il 03.08.12

“Abbiamo girato questo film per opporci a quello che chiamiamo la pornografia della protesta: quello che si vedeva in tv erano sempre immagini violente, scontri con la polizia. Noi non crediamo che i film che fanno vedere questo dicano più del nostro…. L’Argentina era un microcosmo del neoliberismo ed è stato un laboratorio di alternative.” N. Klein

#14

ResRegis
Rilasciato il 22.08.12

@swarzy: Un’azienda può essere posseduta legalmente da un gruppo di persone, che poi possono lavorare all’interno di essa così come NON FARLO.
Il CEO di un’azienda non dev’essere per forza il suo primo azionista: il CEO di fatto è un impiegato, esattamente come lo è un operaio (facilmente potrà avere azioni di quell’azienda – alcuni vengono pagati in parte in questo modo -, ma praticamente mai ne è il maggior azionista – a parte casi come Bill Gates quando lo era di Microsoft o Zuckerberg di Facebook). Tim Cook non è certo il maggior azionista di Apple, per dire.

In questo caso quindi le azioni dell’azienda greca (la compagnia quindi) sarebbero detenute dagli operai, che poi OVVIAMENTE assumeranno figure per guidare l’azienda che abbiano una formazione adatta, compreso tutto il Consiglio di Amministrazione.

Conoscere un minimo come funzionano le cose sarebbe meglio prima di sparare a zero con argomentazioni che non esistono… d’altronde se hai mai investito in azioni sai bene che non ti viene richiesta una laurea in economia per comprare le azioni di qualsivoglia azienda.

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