La Classe Antimafiosa Va In Paradiso

Pubblicato da Blicero il 28.05.2009

Flaviano's

La storia contemporanea dell’uomo è stata segnata da grandi movimenti e sollevazioni popolari che hanno sconvolto diversi ordini costituiti – le grandi rivoluzioni francese, russa, fascista, cubana, maoista e così via. Ora che siamo nel nuovo millennio, tuttavia, per fare una rivoluzione non servono ghigliottine, libretti rossi, manifesti di partiti o addirittura un’idea: basta chiamarsi Renato Brunetta, essere ministro e, soprattutto, basare il proprio programma politico sul numero di Topolino che leggesti nel 1959, nascosto sotto il banco, e che ti colpì particolarmente per la sua carica eversiva.

Se qualcuno non se ne fosse accorto, stiamo infatti vivendo una rivoluzione epocale che cambierà per sempre le nostre vite. I nemici della Causa sono ben noti: i fannulloni, i sindacati, Daria Bignardi, i magistrati e i posti pubblici che non sono muniti di tornelli. Ma le minacce sono sempre in agguato. Nell’ultima farneticazione intervista1 Brunetta ha individuato i prossimi obiettivi da colpire: i poliziotti panzoni che stanno dietro alle scrivanie, l’abbigliamento casual dei pubblici dipendenti e, in cauda venenum, l’antimafia.

Secondo il ministro, infine, l’antimafia andrebbe sciolta: «Nel senso che mi piacerebbe che non ci fosse nemmeno lo specifico della mafia. C’è l’antimafia perché c’è la mafia. Se si rispettassero le regole, non ci sarebbe bisogno dell’antimafia, perché la mafia è una forma di criminalità e dovrebbe essere perseguita come tutte le altre. La mafia dev’essere affrontata in modo laico e non ideologico. Se della mafia facciamo un simbolo ideologico, con la sua cultura, la sua storia e così via, rischiamo di farne un’ideologia e come tale, alla fine, produce professionisti di quella ideologia proprio nei termini in cui ne parlava Sciascia, professionisti dell’antimafia».

Se nel 2001 abbiamo scoperto che con la mafia bisogna conviverci, nel 2009 siamo arrivati alla conclusione che la mafia è una forma di criminalità che deve “essere perseguita come tutte le altre”, ad esempio come l’abigeato, la falsificazione dei biglietti dell’autobus e il Lodo Alfano. Guai ad affrontare la criminalità organizzata in quanto capace di infiltrare/condizionare gli apparati statali e di inquinare i meccanismi economici – il risultato finale sarebbe quella di ridurla ad una forma di gangsterismo facilmente controllabile. E siamo davvero sicuri di volere questo?

Parafrasando Flaiano, si potrebbe dire che i mafiosi si dividono in due categorie: i mafiosi e gli antimafiosi. Entrambi con ideologia, cultura e storia più o meno condivise.

I professionisti dell’anti-antimafia

Come fare dunque a non approcciarsi alla mafia in maniera ideologica? Alcuni hanno superato brillantemente questo scoglio colludendo direttamente con essa. I più laici si limitano a riciclare il denaro proveniente dallo spaccio, dal racket e dalle altre comuni attività illegali. Altri ancora, in maniera meno coraggiosa e pioneristica, pronunciano la parole magiche che li mettono al di sopra di ogni sospetto: “professionisti dell’antimafia” e “Sciascia”.

Nonostante abbia passato tutta la sua vita a denunciare gli abusi del potere mafioso e il suo vischioso impasto culturale in cui rimangono appiccicati ampi strati della società (soprattutto quella alta), da un paio di anni a questa parte il grande scrittore siciliano è ricordato unicamente per quell’articolo cervellotico del 1987. I maggiori luminari “liberali” dei nostri tempi lo usano a mo’ di scudo morale per giustificare le più allucinanti teorie sulla criminalità organizzata – naturalmente fermandosi solo al titolo2, senza aver mai letto una riga del pezzo o fraintendendolo grossolanamente.

Eppure lo stesso Sciascia, nella chiosa iniziale dell’articolo, metteva le cose in chiaro:

Autocitazioni, da servire a coloro che hanno corta memoria o/e lunga malafede e che appartengono prevalentemente a quella specie (molto diffusa in Italia) di persone dedite all’eroismo che non costa nulla e che i milanesi, dopo le cinque giornate, denominarono «eroi della sesta»:

1)
«Da questo stato d’animo sorse, improvvisa, la collera. Il capitano sentì l’angustia in cui la legge lo costringeva a muoversi; come i suoi sottufficiali vagheggiò un eccezionale potere, una eccezionale libertà di azione: e sempre questo vagheggiamento aveva condannato nei suoi marescialli. Una eccezionale sospensione delle garanzie costituzionali, in Sicilia e per qualche mese: e il male sarebbe stato estirpato per sempre. Ma gli vennero nella memoria le repressioni di Mori, il fascismo: e ritrovò la misura delle proprie idee, dei propri sentimenti… Qui bisognerebbe sorprendere la gente nel covo dell’inadempienza fiscale, come in America. Ma non soltanto le persone come Mariano Arena; e non soltanto qui in Sicilia. Bisognerebbe, di colpo, piombare sulle banche; mettere le mani esperte nelle contabilità, generalmente a doppio fondo, delle grandi e delle piccole aziende; revisionare i catasti. E tutte quelle volpi, vecchie e nuove, che stanno a sprecare il loro fiuto (…), sarebbe meglio se si mettessero ad annusare intorno alle ville, le automobili fuoriserie, le mogli, le amanti di certi funzionari e confrontare quei segni di ricchezza agli stipendi, e tirarne il giusto senso».
(II giorno della civetta, Einaudi, Torino, 1961).

2)
«Ma il fatto è, mio caro amico, che l’Italia è un così felice Paese che quando si cominciano a combattere le mafie vernacole vuol dire che già se ne è stabilita una in lingua… Ho visto qualcosa di simile quarant’anni fa: ed è vero che un fatto, nella grande e nella piccola storia, se si ripete ha carattere di farsa, mentre nel primo verificarsi è tragedia; ma io sono ugualmente inquieto». (A ciascuno il suo, Einaudi, Torino, 1966).

Dopo aver esibito a futura (im)memoria le sue credenziali, l’avvertimento di Sciascia era piuttosto esplicito.

Se il fascismo usò l’antimafia per il raggiungimento di un potere assoluto ed incontrastato, allo stesso modo un partito politico può utilizzare l’antimafia come catalizzatore di consenso politico e quindi come ulteriore strumento per esercitare il potere3, snaturandone il ruolo e la funzione. Di certo lo scrittore non è mai arrivato a chiedere lo scioglimento dell’antimafia, anzi – sempre nello stesso articolo si scagliava contro la “retorica nazionale che in questo momento del problema della mafia si bea come prima si beava di ignorarlo”.

Ora il problema è stato totalmente rimosso, e Sciascia certamente non poteva prevedere che sarebbe finita così. Era acuto e geniale, certo, ma l’uomo di lettere di Racalmuto non era Ministro, non aveva alcuna rivoluzione da portare avanti e, soprattutto, gli sceneggiatori della sua vita non l’avevano tratteggiato come un Forrest Gump in miniatura capitato per caso in un film di Ciprì e Maresco – una sbiadita replica che a differenza dell’originale capisce, ma che continua a non voler capire nulla perché il ruolo che si è assurdamente creato glielo impone.

Una rivoluzione, del resto, ha i suoi effetti collaterali ed esige sempre un tributo di qualche tipo.

(Illustrazione: Flaviano)

  1. Qualcuno dovrebbe riesumare Lacan e porgergli una semplice domanda: perché quando i politici (e non) vanno da Klaus Davi sentono l’impellente necessità di regredire mentalmente di un paio di lustri? []
  2. E’ bene ricordare che il titolo non fu scelto da Sciascia, che mai ha parlato di professionisti dell’antimafia, ma appunto dal titolista del Corriere della Sera. []
  3. “Prendiamo, per esempio, un sindaco che per sentimento o per calcolo cominci ad esibirsi – in interviste televisive e scolastiche, in convegni, conferenze e cortei – come antimafioso: anche se dedicherà tutto il suo tempo a queste esibizioni e non ne troverà mai per occuparsi dei problemi del paese o della città che amministra (che sono tanti, in ogni paese, in ogni città: dall’acqua che manca all’immondizia che abbonda), si può considerare come in una botte di ferro.” []

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Drop the Hate / Commenti (5)

#1

Ska
Rilasciato il 28.05.09

Detto tutto.
Walt Disney ne sarebbe fiero.

#2

harlot
Rilasciato il 28.05.09

NON ABBIAMO CAPITO NULLA, ERA UNO SCHERZO. AHAHAH.

«Nessuna volontà di offendere nessuno, solo una constatazione scherzosa per dire che chi per tanti anni ha fatto il burocrate dietro una scrivania, è difficile faccia il poliziotto alla Starsky e Hutch per la strada – dice Brunetta per spegnere le polemiche a margine della presentazione del suo libro «Rivoluzione in corso» -. Chiedo scusa ai bravissimi poliziotti con la pancia, nessuna offesa nei loro confronti, ma solo la constatazione che un eccesso di impegno burocratico delle forze dell’ordine ha spesso snaturato la missione principale del sistema sicurezza che è quella di stare per la strada per la sicurezza dei cittadini. Chiedo scusa non dovevo dire “panzoni”, ma dicendo “panzoni” tutti mi hanno capito tranne gli ipocriti».

#3

Ska
Rilasciato il 28.05.09

Gravis addendum: sulle panze dei poliziotti e il look casual scherzava. Sull’antimafia no. Il che fa abbastanza il paio con lo scioglimento della commissione antimafia a Milano, che si trova alla vigilia di un evento come l’Expo 2015 in cui la speculazione immobiliare la farà da padrone. Non avrebbe avuto poteri giudiziari d’inchiesta, vero. Ma le autorizzazioni le firma il comune, non la polizia.

#4

Andrea Poulain
Rilasciato il 28.05.09

Non guariremo mai, tanta gente ci proverà, ma il guadagno fcile senza fatica e titoli avrà sempre la meglio..potere e pistole e vai ovunque..

#5

la Volpe
Rilasciato il 02.06.09

Forse il pezzo migliore che abbia letto su questo sito. E non ne ho letti tanti, ma devo dire che l’ho trovato davvero straordinario. Complimenti soprattutto per l’eccellente richiamo di Sciascia.
Un pezzo, tra l’altro, che echeggia fortemente l’argomento trattato da Marco Travaglio nel suo Passaparola di oggi (o ieri, visto che sono quasi le tre del mattino), in cui si scaglia sull’antimafia di facciata delle istituzioni che stanno ai funerali e alle commemorazioni di stato ma poi nella pratica staccano la spina o mettono la sordina a tutti gli organi (istituzionali o di informazione) che provano a fare dell’antimafia “vera”.

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