L’Esercito Delle Scimmie A Tre Teste
Non c’è nulla da fare, certi pensieri ti attraversano la testa come carrozze che schiacciano gli aspiranti suicidi sulle rotaie: hanno la stessa forza d’impatto e la capacità innata di portare quel certo brio nella vita di tutti i giorni. Mi trovavo in un giardino pubblico, verso le 4 di notte, intento a guardare alla rovescia un libro di cucina thailandese (mi sembravano interessanti le “Pennette al Golpe”) con il mio amico serbo Sinisa Laijack, condannato tre anni fa dal Tribunale dell’Aja per alcune complicanze burocratiche e da allora esule. Non so come fossimo finiti là, so solo che dopo una bottiglia di Absolut e una di Gordon’s ci siamo ritrovati a ricordare amabilmente i bei vecchi tempi andati di Sarajevo. Quelle erano guerre serie, altro che l’Ossezia del Sud!
Ad un certo punto, senza alcun nesso logico, ho realizzato – o almeno credevo di averlo fatto, fino a quel momento – che la pirateria dei tempi moderni non si è conclusa con l’uscita di Monkey Island 3. “Pirates of the Caribbean” non lo considero nemmeno: non chiamo “Film Sui Pirati” l’esibizione di un lungo pene attoriale attorno al quale gravitano e si aggrappano sbiadite comparse, la sceneggiatura, la regia, gli effetti speciali e, soprattutto, la Disney1.
Guybrush Treepwood, Elaine (non quella de “Il Laureato”), LeChuck, Stan e tutti gli altri sono tornati – solo che ora sono negri, africani e parecchio incazzati. Sembra un’invenzione pynchoniana da fare il paio con il commando herero delle SS, ed invece è l’attualità delle acque somale. E dire che non ci avevo dato troppo peso, all’inizio: nel 2007 una mia nave carica di rifiuti tossici e di armi di contrabbando venne presa d’assalto dai pirati a 242 miglia nautiche dalla costa somala; pagai il riscatto e continuai a sperare che la situazione politica di quel paese conservasse il suo status quo – ovverosia quello di uno Stato allo sbando più totale, preso in considerazione dalla comunità internazionale tanto quanto una dark/gothic lolita con la psoriasi che legge ad alta voce la terza formula di prostaferesi con in sottofondo i Lordi.
Il 15 novembre i pirati hanno catturato a circa 800 kilometri a sud-est di Mombasa la Sirius Star, un enorme tanker di una società controllata dalla Aramco, il gigante del petrolio saudita2, con dentro un carico di petrolio da più di 100 milioni di dollari – da aggiungersi al valore della stessa nave, 148 milioni di dollari. Ora il Piratekommando chiede 25 milioni di dollari di riscatto, e l’incasso, se tutto va bene, sarà di almeno 10-8.
A ottobre c’era stato un altro piccolo capolavoro: grazie alla rete di informatori sparsa nei porti, da Odessa a Mombasa, i LeChuck del continente nero sono riusciti ad impadronirsi di una fregata ucraina, la MV Faina (nomen omen, certo!), e dal Golfo di Aden l’hanno portata sulle coste somale. La nave conteneva 33 carri armati russi T-72, armi antiaeree e lancia granate; è probabile che le armi leggere siano state scaricate sulle spiagge somale prima dell’arrivo di un incrociatore amerikano. Il Kenya ha reclamato la proprietà di quel carico di tank – in realtà è probabile che si trattasse di una consegna speciale da recapitare nel Sudan del sud; la collaborazione avrebbe poi garantito al Kenya del buon petrolio sudanese a prezzi stracciati. Mein Gott, quanto mi affascina la politica africana!
(Mappa: Wired)
Questi due colpi sono stati solo quelli più eclatanti. Nell’ultimo anno i pirati hanno sferrato 83 attacchi nella acque somale e nel Golfo di Aden, di cui 33 portati a segno con successo & riscatto3. Si presume che la somma finora accumulata dai pirati ammonti a più di 100 milioni di dollari. E’ una cifra davvero ragguardevole, se si pensa che i fondi stanziati dall’ONU per il Programma di Sviluppo (Ahahah.) della Somalia arrivano a 14 milioni. Ora, io sono sempre stato contrario a qualsiasi forma di governo internazionale, sin dalla Società delle Nazioni, ma qui si va ben oltre il senso del ridicolo: le Nazioni Unite sono come il fratello maggiore che, divenuto un clochard transgender, pretende di esercitare ancora una qualche forma di autorità sul fratello minore che ha fatto carriera nella ‘ndrangheta e che per questo siede nel consiglio regionale.
Comunque, questi pirati mi piacciono molto. Che senso ha definirli criminali, quando la totale assenza di legge è stata causata dai sanguinosi Signori della Guerra, criminali di gran lunga peggiori? Sono intelligenti, dotati e scaltri – il prodotto di quella generazione perduta post Siad Barre che invece di lasciarsi morire di fame si è rimboccata le maniche. Hanno rapporti con gli Shabaab, i ribelli islamici, e gli amerikani temono che Al-Q si possa servire di loro per compiere attentati nei dintorni del Comore. Sono anche molto spiritosi, oltretutto. Una risoluzione dell’ONU da poco approvata ha stabilito che gli incrociatori possono intercettare le navi catturate e rispedirle fino alle acque somale. E cosa fanno i novelli Guybrush? Oh, si muovono ancora più a sud, appunto verso il Comore e verso il Canale del Mozambico – il campo operativo dei pirati inglesi nel 17esimo secolo. Hanno anche l’humour della serie originale!!1
In realtà, la pirateria è solo una piccola, infima parte di quel disastro umanitario, politico e militare che è la Somalia. Molti avranno appreso dell’esistenza di questo stato africano dall’uccisione di Ilaria Alpi – oops, pardon, volevo dire dalla vacanza della giornalista di Rai 3 finita in tragedia (secondo quanto ci ha autorevolmente detto l’ex On. Avv. Taormina) – o da “Black Hawk Down” di Ridley Scott, quel simpatico action movie che ti invoglia terribilmente ad imbracciare l’M-16 per ricercare un po’ di sana giustizia sommaria.
La Somalia, da almeno 17 anni, è sconquassata da una guerra civile sotto la cui copertura si agitano una miriade di conflitti: vendette tribali; guerriglie tra bande che si contendono il più florido mercato africano di droga, armi e rifiuti provenienti da mezzo mondo; lotte di potere tra signori della guerra, generali e criminali; la jihad dei fondamentalisti islamici; vari nazionalismi e irredentismi che insanguinano tutto il territorio, dal nord al centro al sud.
Il governo somalo del 2006, composto dalle Corti Islamiche, è stato spazzato via dall’invasione colonialista dell’Etiopia, supportata dalle bombe americane – un interessante esperimento di guerra di prossimità, ora sulla via irreversibile del fallimento. Le Corti si sono infatti riorganizzate e sono molto più aggressive di prima. Gli Shabaab, il gruppo di gran lunga più forte, può vantare l’appoggio del mondo islamico (grazie anche ad un’affinità ideologica con Al-Q) e dell’Eritrea, a cui fondamentalmente non frega un cazzo della Somalia, ma che vede in questa Situazione un’ottima opportunità per colpire il suo nemico più acerrimmo, l’Etiopia.
Il presidente fantoccio Abdullahi Ahmed ha candidamente ammesso che lo “Stato” riesce a mantenere (e neanche troppo) il controllo solo su Mogadiscio e Baidoa. Tutto il resto del paese è in mano agli islamici, che usano in maniera disinvolta le collaudate tecniche di Irak-guerrilla: attentati stradali, rapimenti, uccisioni di stranieri, attivisti, medici locali e così via.
Uno studente diligente di diritto internazionale potrebbe trovarsi leggermente a disagio di fronte a questo accrocco. Si, c’è una manciata di caschi verdi dell’Unione Africana, ma questi contano quanto la diplomazia in Darfur o quanto portare una maglietta rossa per manifestare solidarietà ai bonzi birmani. Insomma, dove sono i caschi blu4? Dov’è un’altra coalition of the willing? Non si riesce proprio a fare una Desert Storm 2, previa risoluzione del Consiglio di Sicurezza?
Se chiedesse a me queste cose alzerei gli occhi al cielo, poserei il manganello, gli darei una pacca sulla spalla e poi gli direi: “Ehi, ma credi di essere tra il 1989 e il 1991? Fukuyama e i neocon della prima d’ora ti hanno plagiato, ragazzino impudente! Nel 2008 la Somalia ha la stessa importanza dell’ultimo dipendente fallito della Lehman Brothers, anche e soprattuto perchè ci sono stati 9000 morti e non so quanti feriti e mutilati dall’inizio dell’ultimo, anarchico massacro.”
“Ma…Dottore…e allora perchè se la prendono così tanto con i pirati?” si rivolgerebbe a me con quell’aria di incredulità e stupore di chi si informa tramite Cronaca Vera.
“Yo Ho Ho: vanno a disturbare delle rotte marittime commerciali, e di questi tempi è l’ultima cosa che serve al Mondo Libero alle prese con l’emergenza finanziaria che presto andrà ad intaccare l’economia reale!!1”
Dopo avergli fatto ingoiare quella fastidiosa monografia sul genocidio e sui crimini internazionali di guerra gli direi esattamente come comportarsi in futuro: riprendere in mano i primi due Monkey Island, impararsi a memoria i duelli di spada ad insulto e arruolarsi nella Jolly Roger, a patto di togliersi dalla testa Jack Sparrow e tutta quelle stronzate sui diritti umani che ti insegnano a scuola.
- A proposito: approfitto di questo spazio per salutare il vecchio camerata Walt! Sieg Heil, quello vero, quello serio. [↩]
- Per qualcuno si tratta di una sorta di avvertimento/ricatto politico: l’Arabia Saudita aveva promesso aiuti e assistenza alla Somalia – una promessa che non è mai stata mantenuta. [↩]
- Probabilmente sono molto più di 33, dato che molti armatori preferiscono pagare il pizzo all’italiana, senza andare per vie assicurative. [↩]
- Spiacenti: ci sono già stati fino al 1995 e se ne sono dovuti tornare con il mitra tra le gambe. Missione: “Restore Hope“. E infatti la speranza è tornata: il 4/11/2008 negli USA, però. [↩]
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Drop the Hate / Commenti (6)
#3
Neottolemo
Perchè, hai mai saputo qual’era la prima testa di scimmia più grande?
#4
#5
#1
Neottolemo
E’ il secondo più lungo pezzo sui pirati mai visto.
Ps: jp sempre più idolo.