La Battaglia Di Keratea

Pubblicato da Blicero il 13.10.2011

Perché, quindi, non approvare semplicemente il piano? Per una serie di motivi – tutti esulanti dalla famigerata sindrome NIMBY. 1) Ambiente. Nel sito individuato sin dal 2003 sull’Oviokastro non si sarebbe andati a edificare una “discarica sanitaria” (come chiesto dall’UE) ma una discarica “classica”. Ossia zero trattamento di rifiuti e misure di sicurezza minime. E in una zona piena di miniere d’argento in disuso in cui ci sono anche dei residui tossici, una scelta del genere si può riassumere con due parole: disastro ecologico. Gli abitanti, infatti, hanno sempre sostenuto che le perdite di percolato potrebbero arrivare fino alle falde acquifere e inquinare tutto. Senza contare il fatto che l’UE, dopo aver stanziato i fondi per la discarica n° 1, si vedrebbe costretta a dichiarare illegittima la discarica n° 2 e a sanzionare economicamente lo Stato greco.

2) Legge/giustizia. Il secondo motivo è giuridico/giudiziario. Alla fine di dicembre la corte distrettuale di Lavrio ha interdetto1 la costruzione della discarica, subordinandola a studi di fattibilità (mai realizzati dal governo) e a perizie sulla rilevanza archeologica del luogo. Nonostante le sentenze, la polizia è continuata imperterrita a rimanere a Keratea, facendo schizzare alle stelle il Fattore Collera dei cittadini: “Il governo ci sta costringendo a diventare dei teppisti – ha detto ad Athens News il vicesindaco sessantenne di Lavreotiki, Vasilis Thivaios – La faccenda è diventata personale. Va ben oltre la questione della discarica. Non puoi imporre la tua volontà su 60mila persone in questa maniera”.

3) Matematica. L’Attica produce 2,5 milioni di tonnellate di rifiuti all’anno, di cui 1.8 vanno direttamente nella discarica di Fyli. Secondo il progetto del governo, le discariche di Grammatiko e Keratea dovrebbero raccogliere circa 300mila tonnellate all’anno. I conti non tornano. Secondo Filippos Kirkitsos, presidente di Ecological Recycling Society, “o ci stanno prendendo in giro, oppure la vera quantità si aggira sul milione di tonnellate […] Essenzialmente non cambia nulla. Questa non è una soluzione”.

Cui prodest, dunque, questa discarica? Sotiris non ha dubbi: “Bobolas e i suoi amici”. George Bobolas, da sempre vicinissimo al PASOK, è uno dei primi dieci contribuenti greci, con un patrimonio stimato intorno ai 230 milioni di euro. Inizia la sua carriera come imprenditore edile. Negli anni ’80 fonda un tabloid, To Ethnos (La Nazione) e in breve diventa un magnate dei media. Contestualmente ramifica i suoi investimenti nel campo delle infrastrutture e, grazie alle sue strettissime connessioni politiche con i socialisti, fa incetta di ogni possibile appalto pubblico. Oggi è il presidente di Pegasus Publishing, che possiede una ventina di giornali e il 21% di Mega (la più importante televisione privata greca), detiene quote rilevanti delle società di costruzioni Aktor e Hellenic Technodomiki (che fecero man bassa di commesse pubbliche per le Olimpiadi 2004), e in pratica controlla la gestione dei rifiuti in tutta la Grecia. Compresa Keratea.

Sebbene abbia quotidiani, magazine e canali televisivi di ogni tipo, Bobolas ha sempre mostrato una grande idiosincrasia verso la stampa. Specialmente quella critica nei suoi confronti. Negli anni ’80 il giornalista cipriota Paul Anastasiades, all’epoca collaboratore del Daily Telegraph e del New York Times, aveva pubblicato alcuni articoli su presunti (e cospicui) finanziamenti sovietici ricevuti da Ethnos. Le querele ad Anastasiades e ai giornali che avevano ripreso la storia (il francese L’Express e The Economist) erano partite quasi pavlovianamente. Mentre i settimanali stranieri sono stati assolti, il giornalista cipriota, al termine di un processo tutt’altro che sereno & imparziale, è stato condannato.

Oltre ai rimedi legali, Bobolas impiegò anche espedienti extralegali: fece intercettare il telefono di Anastasiades nella redazione del Times ad Atene, consegnò i nastri all’allora premier Andrea Papandreu ed infine pubblicò le conversazioni sul giornale, beccandosi nel 1990 una condanna a due mesi di carcere, poi commutata in ammenda. L’anno scorso è riuscito a far chiudere bobolasgate.info, un blog che pubblicava articoli piuttosto pesanti su di lui. Dato che il sito era anonimo e il server si trovava negli Stati Uniti, il tycoon si era rivolto ad una corte statunitense per farlo oscurare. Il giudice aveva però respinto l’istanza. Nella madrepatria, invece, è andata decisamente meglio.

Ricapitolando: un ex palazzinaro, magnate dei media, proprietario di televisioni, raider di appalti pubblici, legato a doppio filo ai socialisti, intollerante alle critiche. Dove ho già sentito questa storia? “Bobolas è una specie di Berlusconi greco”, dice Iatrou ridacchiando. Curiosamente, mentre Berlusconi & co. si stavano preparando a scendere in campo, nel 1993 il primo ministro uscente di centrodestra Constantine Mitsotakis coniò un neologismo per descrivere la commistione tra il potere politico e gli affari: diaploki. Da allora, il mercanteggiamento sottobanco tra il politico che garantisce lucrosi contratti statali a imprenditori che possiedono i big media al fine di ottenere da questi una stampa favorevole – alimentando così un circolo vizioso di favori, cricche e ruberie – è sempre rimasto l’argomento più scottante dell’intero dibattito politico. Chiedo al consigliere comunale se per caso ci siano state infiltrazioni mafiose nell’assegnazione dell’appalto per la discarica. “No, non servono. Qui la vera mafia è la politica”.

  1. La decisione è stata confermata a marzo dalla corte d’appello di Lavrio e a luglio da un tribunale di Atene. L’intera questione è ora all’esame della Corte Suprema. []

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Drop the Hate / Commenti (2)

#1

Peo
Rilasciato il 02.10.11

Grazie, bellissimo, che ci sia di guida e di sprone

#2

Vomito & Lacrimogeni: La Protesta #NoTav Secondo La Polizia | La Privata Repubblica
Rilasciato il 23.10.12

[…] nelle loro funzioni». Infine – similmente a quanto successo ai loro omologhi greci a Keratea – il sindacato accusa la politica di non voler prendersi le sue responsabilità e si riserva […]

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