La Battaglia Di Keratea

Pubblicato da Blicero il 13.10.2011

La ballata di Eftihis, febbraio/marzo 2011

Arrivare a Keratea era diventato più difficile che raggiungere a nuoto la Turchia – incaprettati. Era inutile: i blocchi non si riuscivano a forzare. E anche quando i blindati sfondavano le barricate, il giorno dopo se le ritrovavano davanti, erette di nuovo, come se nulla fosse accaduto. La strada alternativa che si doveva fare per arrivare all’Oviokastro divorava le giornate. Quando arrivavano lì, erano praticamente già esausti. Eftihis ormai aveva perso il conto delle ore di turno e degli straordinari. Non viveva più. Parlava a malapena con la fidanzata. Non riusciva più a chiudere occhio da dicembre. Le aveva provate tutte: alla fine, l’unico metodo che sembrava funzionare era contare le molotov che aveva visto esplodere nel corso della giornata, come le pecorelle.

Aveva deciso di arruolarsi nel MAT perché non sopportava l’idea di stare incatenato dietro una scrivania in qualche sperduta stazione di polizia, o peggio ancora di scrivere verbali per i divieti di sosta. Ora rimpiangeva quella decisione. Quel giorno, sull’Oviokastro, il freddo ti congelava le budella. Nevicava. Le volanti non avevano il riscaldamento. I mezzi per la costruzione della discarica erano fermi. Cosa ci stavano a fare lì, se i lavori erano fermi? Non aveva alcun senso. Per tenerli meglio a bada, lo Stato voleva i poliziotti così: nervosi, frustrati, sottopagati, disprezzati da tutti. Dall’autostrada, dove si stavano svolgendo i combattimenti, era partita la richiesta di rinforzi. Eftihis era partito insieme ad altri. Ma era stravolto, non dormiva da 36 ore, faticava a stare in piedi. In più, non si vedeva davvero nulla. La foresta che stava attraversando con i suoi compagni per scendere a valle era diventata un labirinto. Si era perso.

Dopo qualche minuto di vano girovagare, i colleghi si erano accorti della sua mancanza e lo avevano cominciato a chiamare per nome. Ma non riusciva a capire dove fossero, e neppure dove lui stesso si trovasse. Improvvisamente si era ritrovato circondato da una trentina di koukoulofori1, appellativo usato dai poliziotti per identificare gli abitanti di Keratea. È finita, aveva subito pensato. “Ah, Eftihis, Eftihis! Che ci fai qui, tutto da solo?” La paralisi: adesso mi fanno fuori. “E come sta tua madre, Eftihis?” “E tua sorella?” “È stato bello ieri notte Eftihis, con quella vacca della tua fidanzata!” Le voci arrivavano da ogni dove, si arrampicavano sugli alberi e gli piombavano addosso come macigni. Sembrava di essere in uno slasher di serie Z. Si era beccato insulti di ogni tipo. La genealogia della sua famiglia si era immediatamente trasformata in una genia di spacciatori, puttane, magnaccia, nazifascisti e colonnelli. Dopo un po’ le voci erano svanite e i “ribelli” erano andati via, accompagnando la dipartita con una selva di sghignazzate.

Quando finalmente era riuscito a ricongiungersi con i compagni del MAT, Eftihis stava visibilmente tremando. La sua faccia era l’avatar del Terrore. Non era in grado di proferire una singola parola. Finito il turno, aveva chiesto al comando centrale un periodo di congedo. Ma la richiesta era stata respinta. I giorni successivi aveva capito di essere diventato lo scherzo di tutta la battaglia. I manifestanti chiamavano ogni poliziotto Eftihis. Persino un cane che girava con i cittadini al bloko era stato ribattezzato con il suo nome. Doveva essere costantemente sostenuto e tenuto fermo da non meno di due colleghi, onde evitare un suo tracollo mentale definitivo. Qualche settimana dopo Eftihis non c’era più. “Ragioni mediche”, dicevano i suoi colleghi agli abitanti genuinamente preoccupati per lui. Nessuno l’ha più rivisto.

ζ

Domanda. Chi ha fatto la seguente affermazione? “A Keratea il problema non può essere risolto con operazioni di polizia. Richiede una soluzione politica”. Opzioni. a) Un anarchico; b) Il sindaco della città; c) Un pasionario del bloko; d) Il Ministro dell’Interno; e) Il primo ministro George Papandreu; e) Un comico. Risposta. Nessuno di questi.

A dire quella frase è stato un poliziotto durante una trasmissione televisiva andata in onda il 13 aprile. E non un poliziotto qualsiasi, ma Christos Fotopoulos, il capo del sindacato di polizia. Lo stesso sindacato che ha fatto causa alla Polizia greca per le “inammissibili condizioni di lavoro” sopportate dagli agenti durante i mesi di battaglia e che, in un comunicato, ha denunciato come il governo greco abbia ridotto il MAT a semplice bersaglio mobile della rabbia repressa dei cittadini: “È inaccettabile essere attaccati violentemente, derisi e umiliati mentre si svolge il proprio lavoro a causa del fallimento dello Stato nella salvaguardia dell’interesse pubblico”. Socratis Mangas, un poliziotto impiegato a Keratea, ha dichiarato al quotidiano conservatore Kathimerini che gli ufficiali del MAT hanno fatto di tutto per evitare che il loro lavoro “si trasformasse in una vendetta reciproca con gli abitanti. […] Non abbiamo niente contro di loro”.

Il 18 aprile la polizia ha abbandonato la città. Il prolungato dispiegamento di forze ha fatto lievitare i costi (salari, straordinari, manutenzione dei mezzi, ecc.) fino a 2 milioni e mezzo di euro. Una fonte di polizia ha rivelato a Khatimerini che “se i disordini a Keratea dovessero continuare ancora per molto, le spese di polizia supereranno quelle della costruzione della discarica”. Quando rileggo a Yiorgos Bintarchas e Kostas Eleutheriou le affermazioni di Fotopoulos, loro scuotono la testa e, con un sorriso beffardo, mi dicono: “Questa è solo una scusa per salvarsi la faccia. La realtà è che se ne sono andati perché sono stati sconfitti”. Anche il consigliere Iatrou è dello stesso avviso, sebbene ci tenga a sottolineare che “per la prima volta dalla fine della dittatura la polizia ha riconosciuto che c’era un problema sociale che non potevano risolvere”.

Tuttavia, più che di possibilità/volontà, forse è più corretto parlare di capacità. Durante gli scontri, infatti, la polizia ha compiuto una serie di errori strategici incredibili. Su tutti, è da riportare una vicenda particolarmente divertente. A partire dai fatti del Martedì Nero, sui cieli di Keratea & dintorni sorvolavano giorno e notte tre elicotteri di ricognizione con tanto di dispositivo ad infrarossi. Una notte uno di questi velivoli aveva individuato dei movimenti sospetti nei pressi di un uliveto vicino alla città. Partita la segnalazione, uno squadrone del MAT si era fiondato nei campi aspettandosi di trovare gruppi di rivoltosi armati fino ai denti. Arrivati sul posto, invece, hanno trovato un gregge di pecore che pascolava pacificamente all’aria aperta e il relativo pastore con l’espressione Che Diavolo Ci Fate Qui? stampata sul viso. Il blog antixyta.blogspot.com (curato dal blogger Kostas Antoniu) ha così commentato l’accaduto: “Tutto il gregge, incluso il pastore, le pecore e il cane sono stati portati in centrale con le seguenti accuse: costituzione di banda armata, possesso illegale di armi (corna, campanacci), distruzione di proprietà pubblica (l’erba dei campi brucata dalle pecore) e ostruzione al traffico. Da continuarsi nel tribunale ovino”.

Le forze di polizia sono spesso viste come un monolite di granito privo di crepe, efficiente, inarrestabile & implacabile nella soppressione del dissenso. Ma non sempre è così. In un’intervista pubblicata su un blog, un poliziotto del MAT ha denunciato l’inadeguatezza dell’addestramento ricevuto e dei mezzi a disposizione, spiegando anche le difficili condizioni lavorative che si devono fronteggiare in uno scenario di guerriglia urbana2:

Com’è stato l’addestramento?

Ad essere sinceri, non un granché. Ho sentito da agenti negli Stati Uniti che loro hanno controlli rigorosi, esami, addestramenti, sessioni di tiro e un ottimo equipaggiamento. Sarebbe un sogno per noi, ma so che non succederà mai […].

Quindi non vi sentite preparati abbastanza?

No, ma credo che al governo vada bene così. In altri Stati, la polizia ha qualche potere. Ma qui è il governo a non darci nessun potere: vogliono demoralizzarci, in modo da poterci controllare. […]

Durante un conflitto […], lavorate più ore?

Questa è una situazione rara, ma sì, lavoriamo molte più ore perché siamo richiesti e sparsi in più città, non in un posto solo. Questo non va bene perché così siamo molti stanchi, irritati, perdiamo la pazienza – come lo farebbe chiunque – in più siamo sotto pressione e dobbiamo contenerci in qualsiasi circostanza. Riesci ad immagine cosa dev’essere? Dormire quattro ore, stare in piedi tutto il giorno con persone che sputano, gridano, colpiscono e ti lanciano addosso roba per 8-10 ore senza che tu possa fare niente? Beninteso, non sto giustificando nulla. Dico solo che come esseri umani facciamo il meglio che possiamo.

Nel breve saggio Sulla violenza, Hannah Arendt scriveva: “In un contesto di violenza contro violenza la superiorità del governo è sempre stata assoluta; ma questa superiorità dura soltanto fino a quando la struttura di potere del governo è intatta, cioè finché si obbedisce agli ordini o le forze di polizia sono preparate a far uso delle loro armi”. Questo è esattamente quello che è successo a Keratea: la struttura di potere del governo è andata in frantumi.

  1. Letteralmente: “incappucciati”. Il termine è usato in senso spregiativo dai media e dagli apparati statali per definire gli anarchici e più in generale i manifestanti violenti. []
  2. L’intervista si riferisce agli scontri di Atene del 2008, non a Keratea. Ma il succo del discorso rimane invariato. []

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Drop the Hate / Commenti (2)

#1

Peo
Rilasciato il 02.10.11

Grazie, bellissimo, che ci sia di guida e di sprone

#2

Vomito & Lacrimogeni: La Protesta #NoTav Secondo La Polizia | La Privata Repubblica
Rilasciato il 23.10.12

[…] nelle loro funzioni». Infine – similmente a quanto successo ai loro omologhi greci a Keratea – il sindacato accusa la politica di non voler prendersi le sue responsabilità e si riserva […]

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