La Battaglia Di Keratea

Pubblicato da Blicero il 13.10.2011

Lepa sela lepo gore1, 29/03/2011

Il telefono era squillato alle 5 del mattino. La chiamata arrivava da Markopoulo, un paese nelle vicinanze. “Guardate che abbiamo visto passare dei bulldozer, erano diretti a Keratea”. Alekos e altri si erano precipitati per strada e avevano intercettato il mezzo pesante mandato dal governo per forzare i blocchi. Il bulldozer era stato ridotto ad un cumulo di lamiere e cenere. Convincere l’autista a scendere era stato sin troppo facile. Verso le tre di pomeriggio dello stesso giorno il suono delle sirene anti-aeree perforava i timpani degli abitanti, le campane della chiesa suonavano all’impazzata e i megafoni gracchiavano la perentoria chiamata alle armi: “Attenzione! Attenzione! Siamo sotto attacco! Tutti alle barricate!” La brutale cacofonia dei tamburi di guerra aveva colpito Alekos allo stomaco, come se qualcuno gli avesse affondato dentro un pugno e strizzato l’intestino. La polizia era alle porte della città, schierata, pronta per la battaglia. Le priorità assolute: buttare giù quelle dannate barricate; riaprire l’autostrada; impartire una sonora lezione. Loro non sarebbero stati da meno.

La scia grigiastra dei primi lacrimogeni aveva cominciato a tratteggiare la sua trama repressiva nel cielo. Un ragazzo si era messo in mezzo all’autostrada ed era rimasto lì per qualche secondo, lo straccio infuocato della molotov a miscelarsi con la benzina. “Forza! Avanti, bastardi!” La molotov era roteata nell’aria e si era andata ad infrangere con grande fragore ai piedi dei poliziotti. In risposta, il MAT aveva cominciato a sparare i lacrimogeni ad altezza d’uomo. Qualcuno di fianco ad Alekos aveva urlato: “Giù la testa!” Lui, istintivamente, l’aveva abbassata. Appena in tempo: il candelotto l’aveva sfiorato, andandosi a perdere tra le retrovie. Dopo qualche ora l’autostrada era completamente ricoperta da una fittissima coltre di gas. Non si vedeva nulla, ad eccetto delle parabole infuocate delle molotov e delle traiettorie deragliate dei razzi di segnalazione sparati dalla polizia. Gli abitanti avevano deciso di spostarsi sui lati dell’autostrada, nei campi e nelle foreste.

Ad un certo punto alcune persone erano sbucate dalla nebbia lacrimogena trascinando una vecchia imbarcazione. A cosa cazzo serve una barca in un momento come questo?, pensò Alekos. Con grande fatica questo gruppo di persone era riuscito a sollevare la barca e a tirarla addosso alla polizia che stava avanzando verso il bloko. Il rumore del legno che graffiava l’asfalto con le unghie aveva per un attimo sovrastato il suono delle sirene. Alekos aveva gridato fino a raschiarsi l’ugola. “Maiali, assassini, mezzeseghe!” Dopo tre mesi, la Battaglia aveva cominciato ad alimentarsi da sola. Non più guerriglia, non ancora guerra. Semplicemente, viveva sospesa tra un’economia che peggiorava di minuto in minuto, misure di austerity dissanguanti, introvabili convergenze, dialogo impossibile, blocchi da forzare/blocchi da riallestire, autostrade da scavare/autostrade da riempire, bottiglie da riempire/molotov da tirare. Ciclicità e ripetizione. Ripetizione e ciclicità.

Verso mezzanotte era finito tutto. Il bloko era intatto. Esausto, Alekos si era buttato a terra, nel campo. La spalla lo tormentava. L’orizzonte era una distesa rossa e nera che tremolava e ondeggiava. C’era un qualcosa di poetico e al contempo terrificante, in quella visione. Gli venne in mente un dialogo di un film: “Anche le fiamme sono belle, se bruciano in un bel villaggio. Un suo amico si era seduto vicino a lui. Aveva gli occhi gonfiati dai lacrimogeni e dal limone. “Merda, se alle Olimpiadi esistesse la specialità ‘Lancio Della Molotov’, noi vinceremmo sicuramente la medaglia d’oro”. Erano scoppiati a ridere, come se non ci fosse un domani. Intanto, in lontananza, le sirene continuavano ad ululare. O forse lo stavano facendo solo nella testa di Alekos.

ζ

Fin dall’inizio, la decisione di costruire la discarica non è mai stata veramente negoziabile. Al culmine degli scontri, la Viceministro dell’Interno Theodora Tzakri ha dichiarato: “Non lasceremo che Atene diventi come Napoli”. In Grecia, la gestione dei rifiuti è come una bomba ad orologeria sepolta da anni di malversazione, corruzione e disfunzioni strutturali che fa sentire il suo ticchettio nel presente, costantemente sul punto di deflagrare una volta per tutte. Negli ultimi anni sono scoppiate rivolte sia sulla terraferma che sulle isole: le più rilevanti sono avvenute a Grammatiko, Varnavas, Naxos, Karvounari, Tessalonica, Elleniko-Ioannina, Neraida-Serres e Lefkimmi (paese nel sud di Corfù), dove una donna di 43 anni (madre di due figli) è morta nel 2008 durante le proteste.

Il progetto originario2 per le discariche nell’Attica risale al 1996, e coinvolge Fyli (nord-ovest), Grammatiko (nord-est) e Keratea (sud-est). Per decenni, i rifiuti prodotti da Atene e dalla regione venivano sversati esclusivamente in una discarica legale (Ano Liosia, riempita fino all’inverosimile) e in un florilegio di discariche illegali3. Quest’ultime, oltre a causare problemi sanitari e di sicurezza, hanno comportato (e continuano a farlo) pesantissime sanzioni economiche dell’Unione Europea – 34 mila euro di multa al giorno per ogni discarica. Milioni, milioni e milioni di euro.

La direttiva UE 1999/31 aveva posto una deadline per la chiusura di tali discariche: 1 gennaio 2009. Vista la spirale discendente in cui è sprofondata l’economia greca, il termine era stato prorogato una prima volta fino al settembre del 2009 ed una seconda al luglio del 2010. Ma il governo greco non è stato assolutamente in grado di rispettare la scadenza. La minaccia combinata di altre sanguinose multe e, soprattutto, della perdita di cospicui stanziamenti europei per la costruzione delle discariche ha imposto una svolta drammatica alle difficili trattative intorno al destino di Keratea. Nel gennaio del 2011 l’Unione ha congelato le multe, a condizione che il governo approntasse un programma per la gestione dei rifiuti che includesse riciclaggio/compostaggio e la costruzione di discariche sanitarie conformi alla normativa comunitaria.

Delle tre discariche previste, solo quella di Fyli è stata completata ed è attualmente in funzione. Designata per accogliere fino a 1000 tonnellate di spazzatura al giorno, la discarica è in realtà invasa su base quotidiana da circa 6000 tonnellate, e la sua aspettativa di vita è nettamente inferiore a quella di un replicante di Blade Runner. Nel suo ufficio che domina tutto il paese dall’alto, Iatrou ha candidamente ammesso che Keratea si è servita di una discarica illegale fin dagli anni ’90. Dalla seconda metà degli anni 2000 il consiglio comunale si è trovato imbrigliato in un nodo gordiano fatto di burocrazia e ricatto politico che probabilmente nemmeno Joseph Heller sarebbe stato in grado di escogitare. Per usare la discarica di Fyli, e quindi uscire dall’illegalità, la condicio sine qua non era l’approvazione del piano regionale (nel quale era inclusa la costruzione della discarica a Keratea). Non accettare il piano, invece, avrebbe significato ricorrere ancora alla discarica illegale per lo smaltimento dei rifiuti. La conseguenza: multe milionarie e, probabilmente, la bancarotta del comune4.

  1. I piccoli villaggi bruciano meglio”. Il titolo del paragrafo viene dall’omonimo film serbo (1996) di Srđan Dragojević. []
  2. Elaborato dal Politecnico di Atene, lo stesso da cui nel 1973 era partita la ribellione che ha portato alla caduta della junta e teatro di scontri furiosi nel 2008 e nel 2010. []
  3. Il numero è pressoché incalcolabile. Le stime delle discariche illegali variavano tra le 1300 e le 1500, sparse in tutta la Grecia. []
  4. A seguito della riforma amministrativa di accorpamento dei comuni (c.d. “piano Kallikratis”) entrata in vigore nel gennaio del 2011, Keratea è diventata una frazione della municipalità di Lavreotiki. []

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Drop the Hate / Commenti (2)

#1

Peo
Rilasciato il 02.10.11

Grazie, bellissimo, che ci sia di guida e di sprone

#2

Vomito & Lacrimogeni: La Protesta #NoTav Secondo La Polizia | La Privata Repubblica
Rilasciato il 23.10.12

[…] nelle loro funzioni». Infine – similmente a quanto successo ai loro omologhi greci a Keratea – il sindacato accusa la politica di non voler prendersi le sue responsabilità e si riserva […]

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