‘Prima gli Italiani Veri’: appunti sparsi su nuove destre, ggentismo e fascioleghismo

Pubblicato da Blicero il 24.03.2015

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Sabato 14 marzo 2015 ho partecipato come relatore al convegno «Combattere neofascismi e nuove destre» organizzato dall’ANPI di Pavia. Le altre persone che hanno parlato sono Simone Pieranni, fondatore di China Files e redattore de Il Manifesto; l’avvocato Marco Sommariva del foro di Pavia; e Roberta Migliavacca, responsabile comunicazione dell’ANPI provinciale. Ha moderato il tutto Luca Casarotti, praticante avvocato e dottorando di ricerca all’Università di Pavia.

Il convegno è piaciuto molto anche ai ragazzi di CasaPound, che proprio quel giorno avevano allestito un banchetto a qualche centinaio di metri di distanza: «Mentre noi portiamo avanti la nostra sacrosanta attività politica – ha detto il responsabile provinciale di CPI – nelle aule dell’Università di Pavia Anpi e Udu, filosofeggiano sulle nostre teste in preda ai deliri della nullafacenza».

Per l’occasione, pubblico qui il brogliaccio dell’intervento che ho fatto – si tratta, in sostanza, di una sistematizzazione e di un riepilogo degli articoli che ho scritto sul tema negli ultimi tempi. Domani verrà pubblicato l’intervento di Simone Pieranni, intitolato «L’Ucraina e le nuove destre europee».

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L’ascesa del fascioleghismo

– Sulla nuova Lega di Matteo Salvini e il “Fronte Nazionale” italiano –

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In queste ultime settimane è ripreso a girare un vecchio manifesto della Lega contro Jean-Marie Le Pen, significativamente intitolato «Le Pen è fascista come i partiti di Roma». Questo il passaggio iniziale:

Il Fascismo prevede che la forma dello Stato sia, come indica il suo nome, un fascio: cioè che lo Stato sia centralista. I movimenti autonomisti, tra cui la Lega Lombarda, sono invece l’antitesi del fascismo perché lottano per ottenere uno Stato autonomista. Paragonare quindi la Lega Lombarda al Lepenismo è un falso perché si tratta di movimenti politici con finalità diametralmente opposte. [I grassetti sono nel testo originale.]

Il volantino finiva poi con un eloquente «Lega Lombarda: coscienza partigiana!»

Se si pensa all’attuale Lega di Matteo Salvini, fa abbastanza impressione notare quanto sia stata profonda e radicale la trasformazione di un partito che sognava la secessione dall’Italia. Da quando è diventato segretario – ossia dopo gli scandali finanziari, i diamanti in Tanzania e le lauree albanesi del Trota – Salvini ha costruito una sorta di «terza via al leghismo», spostando il boss finale da Roma a Bruxelles, aprendo il partito a istanze meno padanocentriche e archiviando più o meno definitivamente la stagione delle ampolle e dei copricapi vichinghi.

Il Capitano, com’è chiamato dai suoi sostenitori, ha puntato tutto sul No Euro, spostato il baricentro del partito verso l’estrema destra e imbarcato nella Lega Nord – tra gli altri – i fascisti del terzo millennio di CasaPound. L’obiettivo è palese: entrare nella famiglia dei europopulismi di destra e fondare il «Fronte Nazionale» italiano.

La consacrazione di questo progetto è stata celebrata in piazza lo scorso 28 febbraio a Roma con la manifestazione #Renziacasa, nella cornice di una piazza del Popolo invasa da celticone, teste rasate, #duemarò, Alberto da Giussano, Benito Mussolini, il Sole delle Alpi e bandiere della RSI.

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L’evento, molto meno partecipato di quanto si pensasse, ha confermato in quale caos ideologico-identitario sguazzi la Lega Nord in questo momento. Gli slogan, le bandiere e le parole d’ordine, infatti, sono l’uno in contraddizione con l’altro: le magliette con la scritta «Prima il nord» si affiancano ai cartelloni che recitano «Prima gli italiani»; e il vecchio coro leghista «Abbiamo un sogno nel cuore / Bruciare il tricolore» viene intonato a qualche metro di distanza dai tricolori. Le poche cose che tengono insieme i fascioleghisti sono il rancore verso gli immigrati e gli «zingari», un anticomunismo fuori tempo massimo e un pantheon che comprende Salvatore Girone, Massimiliano Latorre e il terzo marò in abiti civili – il benzinaio Graziano Stacchio.

L’appuntamento in piazza del Popolo segue quello dell’ottobre 2014, in cui Lega Nord e CasaPound avevano marciato insieme per la strade di Milano per dire NO all’«invasione» dei migranti e allo sdoganamento in piazza del neofascismo e dei Ray-Ban a goccia. Nel frattempo, più precisamente all’inizio del 2015, CasaPound ha annunciato la nascita di «Sovranità», una formazione politica con cui «traghettare i delusi della destra più o meno estrema verso la nuova Lega di Matteo Salvini» e che per il vicepresidente di CPI, Simone Di Stefano, rappresenterebbe il «modo migliore per unire e organizzare quanti AMANO LA NAZIONE».

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(Il simbolo di Sovranità: ed è subito Ventennio.)

La storia d’amore tra i fascisti del terzo millennio e la Lega Nord è sbocciata definitivamente nel corso delle elezioni europee del maggio 2014, quando Mario Borghezio – l’uomo-cerniera con la fascisteria europea e una delle figure chiave di questa nuova Lega Nord – si era avvalso del supporto politico e logistico delle «facce pulite» riuscendo a farsi rieleggere all’Europarlamento con più di cinquemila preferenze in terra ostile (la circoscrizione centro).

C’è anche da rilevare come CasaPound, inserendosi nella piattaforma politica di Salvini, sia riuscita a far passare sottotraccia (specialmente a livello mediatico) alcuni pestaggi in varie province – un attività che, nonostante quello che ripetono i leader, continua a rimanere uno dei passatempi preferiti dai loro militanti. Tra i casi recenti più eclatanti si segnalano l’escalation di violenza a Trento, le coltellate in provincia di Viterbo, l’aggressione ai tifosi dell’Ardita (una squadra di calcio popolare di Roma di cui ho parlato su VICE), quella ai danni di tre giovani ragazzi di sinistra a Bolzano, e la spedizione punitiva al CSA Dordoni di Cremona, dove una squadraccia di CasaPound ha mandato in coma Emilio, un militante di sinistra di lungo corso.

A ogni modo, i fascisti del terzo millennio sono solo la componente più visibile e «impresentabile» di una nutrita schiera di movimenti e partiti che si sono accodati al progetto di Matteo Salvini. Tra questi ci sono:

  • Fratelli d’Italia, confluiti nel «Fronte Nazionale» dopo molti tentennamenti;
  • «L’associazione a pensare» Il Talebano, un circolo culturale «al di là della destra e della sinistra» il cui ideologo è Fabrizio Fratus, un anti-evoluzionista che è stato tra i dirigenti di Fiamma Tricolore e ha fatto il segretario di Daniela Santanché;
  • Alcuni movimenti dell’estrema destra francese come Bloc Identitaire e Nissa Rebela;
  • Pegida, presente a Roma il 28 febbraio;
  • RIM, associazione dei giovani italo-russi guidata dalla studentessa Irina Osipova, vicina al portavoce di Matteo Salvini – Gianluca Savoini – e a CasaPound. (Per approfondire, qui il mio post su Putin, Russia e Lega Nord > La Russia di Putin è la nuova Padania.)

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(MATTEO <3 Vlad)

Insomma, Matteo Salvini è riuscito a fare uno dei più riusciti rebranding politici degli ultimi anni. Per fare ciò, ha tratto le sue ispirazioni dalle teorie di Alain De Benoist (l’ideologo della nouvelle droite, che nel dicembre 2013 ha partecipato a un convegno a Milano insieme a Matteo Salvini), e soprattutto dal Front National di Marine Le Pen.

A questo proposito, vale la pena riportare alcuni passaggi di un articolo particolarmente interessante di Christian Salmon, Dall’archeofascismo al neofascismo, il marketing nazionalista della Le Pen, apparso il 12 marzo 2015 su Repubblica:

  • «L’abilità del Front National consiste da sempre nell’offrire a tutti i suoi perdenti non un programma politico, che potrebbe migliorare la loro situazione, bensì dei capri espiatori comodi per appagare la loro sete di rivalsa. Da trent’anni il Front National ricicla le frustrazioni in schede elettorali. Mette un marchio alle paure. È un franchising, un marchio depositato che “fissa” sotto un’etichetta comune (la bandiera nazionale) gli elettorati volubili, le cause perse: dalle più antiche, nate dalle guerre coloniali e dall’anticomunismo, alle più recenti, contro le élite globali; dalle più fuori moda alle più in voga che ispirano lo storytelling di questo Front National new look».
  • «Marine Le Pen può cacciare di frodo a suo piacimento nelle riserve della sinistra e in quelle della destra, prendendo a prestito dalla sinistra la critica della globalizzazione neoliberista e dalla destra neoliberista la denuncia degli immigrati profittatori, dei Rom senza fede e senza legge, di quelli che gabbano lo stato assistenziale».
  • «La xenofobia del Front National, quindi, più che un razzismo congenito che si dovrebbe combattere in nome dei valori repubblicani, è un prisma deformante che dà una falsa immagine della società, delle sue disuguaglianze e delle sue ingiustizie. Il Front National non ha mai posto le domande giuste. Al contrario, è il suo potere di disorientamento e di deviazione che da trent’anni gli garantisce il successo».
  • «Un fenomeno politico che si radica nell’inconscio collettivo, infatti, proprio come l’inconscio, anche il lepenismo è strutturato come un linguaggio. Le sue battaglie, il Front National non le combatte più per le strade, ma sui media e sul significato delle parole: sono “battaglie semantiche”, dove la posta in gioco è il controllo dell’agenda mediatica, l’inquadratura e la gestione di quello che gli anglosassoni chiamano la conversazione nazionale».

Pur con le dovute differenze, non è difficile scorgere le linee politiche e programmatiche in cui si sta muovendo la Lega Nord di Matteo Salvini, e di come queste – specialmente in un periodo storico del genere – ne stiano determinando l’ascesa nel panorama politico italiano.

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La rivoluzione dei punti esclamativi

– Sui tentativi delle destre di manovrare i «Forconi» e sfruttare il ggentismo

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(Foto di Federico Tribbioli per VICE Italia)

La «rivoluzione dei “Forconi”» del dicembre 2013 offre molti spunti interessanti, perché può essere considerata sia l’incarnazione su strada del ggentismo (che nasce con una precisa connotazione politica), sia l’antipasto di certe tecniche che verranno impiegate nella «rivolta» delle periferie romane.

Partita molto in sordina su Facebook, la protesta – che la stampa ha sottovalutato fino al 9-10 dicembre – si è riversata nelle piazze e nei presidi di tutta Italia. Fin dal primo momento, la composizione del cosiddetto «Coordinamento 9 dicembre» è stata piuttosto eterogenea. Come ha scritto Vincenzo Marino su VICE, in mezzo alla «rivoluzione» c’era un po’ di tutto:

– I simpatizzanti di Grillo; i delusi di Grillo ormai corrotto dal sistema;

– I fondamentalisti di Report che hanno “visto cose” su RaiTre; i nuclei anti-Equitalia;

– Personaggi dalle chiare velleità fasciste che ricordano a tutti che lo stato sociale, l’Agro Pontino, le tabelle dei treni, e noi che cazzo stiamo perdendo tutto ci stiamo facendo rubare il futuro e la libertà;

– Sedicenti No TAV/No MUOS attirati dalle istanze antieuropeiste e dall’ambientalismo mistico che sfocia nell’occulto, nella paranoia e in Paolo Barnard;

– Leghismo spurio, “Kyenge Merda”, antiarabismo, antisemitismo;

– “La Russia Ha Capito Tutto” (sfumatura rossa, sfumatura nera);

– Meridionalisti antigaribaldini che non dimenticano il sacrificio delle armate borboniche contro il piemontese massone;

– Conservatorismo cattolico, ostilità nei confronti del Concilio Vaticano Secondo;

– Complottismo classico (signoraggio bancario/scie chimiche/HAARP);

– Istanze no global di matrice Anti-Euro, nostalgici della Lira e esperti conoscitori delle gallery di Google con Prodi che mangia il gelato o sorride perché ce l’ha messa in culooo;

– Gente comune mediamente incazzata.

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(Saluti romani apolitici a Torino, dicembre 2013.)

Per il resto, la componente di estrema destra è sempre stata visibile e ha accompagnato la protesta in tutte le sue fasi. Il segretario di Forza Nuova, Roberto Fiore, aveva detto che le «infiltrazioni dei neofascisti» non esistevano perché, molto semplicemente, i neofascisti c’erano fin dall’inizio: «Abbiamo aderito formalmente alle iniziative da due settimane perché siamo a fianco dei Forconi e degli autotrasportatori da due anni, già la prima volta in Sicilia, e in Abruzzo, stavolta in tutte le regioni, là dove c’è stata la rivolta e dove c’è noi siamo presenti, e non come infiltrati ma come protagonisti».

Al presidio di Milano a Piazzale Loreto, ad esempio, non è mai mancata la presenza dei militanti di Forza Nuova; e in piazza erano spuntati personaggi come Roberto Jonghi Lavarini, esponente della Destra per Milano soprannominato «il Barone Nero», che ha parlato dei “Forconi” in questi termini: «È il vero spirito del fascismo di San Sepolcro del 1919, trasversale, che univa la sinistra interventista, sindacalismo, ex combattenti e antiparlamentaristi. Ieri i militanti di Forza Nuova erano in piazza con i “leonkavallini” in una manifestazione pacifica: una scena bellissima».

A Roma, il presidio non molto partecipato davanti alla stazione Ostiense era chiaramente riconducibile a CasaPound. In piazzale dei Partigiani si era palesato anche Adriano Tilgher, neofascista duro e puro ed ex di Avanguardia Nazionale. «Finalmente in piazza vedo la gente, persone di destra e di sinistra – aveva dichiarato Tilgher – Mi ricorda il 1968. A Valle Giulia c’eravamo noi, i neri, e c’erano i rossi. Tutti insieme contro il potere».

Insomma, come aveva scritto Diego Cajelli sul suo blog, «questa cosa è talmente sbagliata, talmente storta verso destra, populista e qualunquista che in Italia potrebbe funzionare». E a un certo punto, infatti, la protesta sembrava davvero sul punto di dilagare tra scontri di piazza a Torino, blocchi indiscriminati alla circolazione, assalti alle sedi dei sindacati, minacce squadriste ai negozianti che non volevano abbassare le serrande, incursioni nelle librerie con tanto di esortazioni naziste («Bruciate i libri») e situazioni di puro delirio nelle province e nell’hinterland delle grandi città.

A fermare la «rivoluzione» ci ha pensato la spaccatura del triumvirato Ferro-Calvani-Chiavegato, imploso in vista della paventata «marcia su Roma». È proprio nella Capitale che si è consumato l’atto finale del Coordinamento 9 Dicembre, in una piazza del Popolo semivuota e animata da militanti di CasaPound scesi dal Pincio, da vecchi arnesi del neofascismo romano come Bruno Di Luia e dai deliri di personaggi improbabili.

A livello di analisi più generale, riprendo quello che avevo scritto a suo tempo:

Quello che è chiaro, giunti ormai al quinto giorno di protesta, è che c’è stata una spaventosa ed inestricabile saldatura tra signoraggio, scie chimiche, freak di Internet, fascisti, gente comune, esclusi, precari, lavoratori autonomi vessati, piccoli imprenditori sull’orlo del fallimento, impiegati incazzati—e chi più ne ha, ne metta. La rabbia inespressa che covava sotto le ceneri dell’austerità ha finalmente trovato uno sbocco “politico”, si è trasformata in una mobilitazione in cui la paranoia, l’illogicità e l’esasperazione irrazionale sono, paradossalmente, gli unici linguaggi immediatamente accessibili alle persone che fermano le tangenziali e si preparano alla marcia su Roma.

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[Per altro materiale sui “Forconi”, rimando al lavoro che abbiamo fatto su VICE]

Il 9 dicembre inizia la rivoluzione italiana (5/12/2013)

La rivoluzione dei punti esclamativi (10/12/2013)

Come prosegue la “rivoluzione” (12/12/2013)

Quanto c’è da preoccuparsi per le proteste di questi giorni? (13/12/2013)

La rivoluzione è rinviata a data da destinarsi (19/12/2013)

Il 5 dicembre torna la rivoluzione italiana (4/12/2014)

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Tor Sapienza e dintorni

– Sui disordini scoppiati nelle periferie romane –

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Quasi tutti sanno cos’è successo a Tor Sapienza nel novembre del 2014. In molti meno, tuttavia, sanno in che contesto è maturato quel pogrom, o conoscono le tappe che hanno fatto esplodere le polveriere di disagio, xenofobia e degrado che sono certe periferie romane.

Quella che è stata definita la «ribellione delle periferie» inizia a Settecamini, un quartiere periferico nel quadrante est di Roma. Nell’aprile del 2014, alla notizia dell’apertura di un centro d’accoglienza in largo Davanzati, i residenti scendono in piazza per protestare. I mezzi d’informazione, come succederà più volte nei mesi successivi, presentano la rivolta di Settecamini come qualcosa di «spontaneo» dettato dall’«esasperazione» di cittadini stremati.

I residenti assicurano più volte che dietro le loro proteste non c’è un movimento politico. Hanno ragione: di movimenti ce ne sono almeno due – Lega Nord e CasaPound. Una volta bloccata l’apertura del centro, Mauro Antonini di CPI rilascia questa dichiarazione:

La mobilitazione popolare contro l’apertura di un centro d’accoglienza per profughi e rifugiati politici a Settecamini è stato un successo, non solo perché i residenti del quartiere hanno aderito in massa alla protesta, sostenuta da CasaPound Italia, ma soprattutto perché ha permesso la sospensione del progetto di apertura del centro.

È proprio a Settecamini, inoltre, che Mario Borghezio inaugura il suo Safari dell’Odio nelle periferie romane. «Le istituzioni devono capire che questa è una scelta scellerata – dice il leghista – La tensione sociale è già alta e se ci sarà una rivolta popolare io sarò in prima linea al fianco di questi ragazzi».

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Le tensioni nella periferia di Roma est si susseguono per tutta l’estate. A Torre Angela, ad esempio, alla fine del luglio 2014 comincia a circolare incontrollata la voce dell’arrivo di ben «1.200 rifugiati» in un centro commerciale abbandonato. Nonostante le smentite del presidente del municipio, i cittadini bloccano più volte via Casilina. In mezzo alle proteste, immancabilmente, ci si infilano anche i neofasciti.

Nel corso di un presidio appaiono due striscioni con la croce uncinata e la sigla A.F., acronimo di Azione Frontale. Questo gruppuscolo di estrema destra, si legge nel loro sito, «nasce dall’idea di un gruppo di ragazzi, stufi di vivere passivamente il fenomeno di una società ormai priva di valori e sani ideali». Il loro obiettivo primario è «la lotta ai poteri forti, nello specifico satanismo e massoneria, signoraggio bancario e lotta al sionismo».

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Il salto di qualità avviene però a Corcolle, uno degli ultimi lembi orientali del comune di Roma. Dopo due aggressioni di fila a degli autobus di linea – aggressioni mai chiarite del tutto – i residenti individuano i responsabili negli “ospiti” del centro d’accoglienza presente in zona.

La sera del 21 settembre 2014 qualche centinaio di persone scende in strada, blocca via Polense e fa partire una vera e propria «caccia al nero». Due immigrati sono tirati giù dal bus 508, che arriva dalla limitrofa Castelverde, e pestati: uno finirà in ospedale; l’altro si salverà gettandosi nel fosso che costeggia la carreggiata. La terza vittima è un residente nero che abita a Corcolle da vent’anni: la polizia e gli abitanti del quartiere che lo riconoscono riescono a sottrarlo alla folla.

Ma chi ha materialmente compiuto la caccia al nero a Corcolle? Chi c’è durante le proteste nel quartiere? Il Messaggero scrive che alcuni residenti hanno visto «bandiere di Forza Nuova» alla «prima manifestazione». Secondo la cronista Lucrezia La Gatta di Tiburno.tv, «almeno metà di quelle facce io non le avevo mai viste. Non erano di qui».

Un altro testimone racconta invece a La Fiera dell’Est che «dopo il secondo assalto una frangia di ragazzi del quartiere, quelli che si professano “di destra”, decide di radunarsi sulla Polense per picchiare qualche nero. Non avevano un’idea ben precisa di cosa stessero facendo e perché, volevano solo sfogarsi». RomaToday riporta che «per gli abitanti i raid e le spedizioni punitive sarebbero state condotte da pochi gruppi di violenti in odore di estrema destra». Il giorno dopo l’aggressione, nel quartiere appare anche la scritta «NO NERI», accompagnata da una croce celtica e una svastica.

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Corcolle, tuttavia, è solo l’antipasto di quello che succede tra il 10 e l’11 novembre 2014 a Tor Sapienza, un quartiere che già da tempo era attraversato da molte tensioni. Sull’assalto al centro d’accoglienza – che a metà marzo è stato sgomberato del tutto – si è scritto e detto moltissimo, così come si è speculato abbondantemente su chi fossero gli incappucciati che si sono scontrati con la polizia.

Un abitante del quartiere, intervistato in forma anonima da Piazza Pulita, aveva parlato esplicitamente della regia di organizzazioni di estrema destra:

Gente che non è del quartiere c’è dietro a questa cosa. C’è una regia dietro, li ho visti con i miei occhi. Sono arrivati qui e hanno cominciato a istruire, hanno preparato. Io stesso li ho sentiti dire alle donne di parlare di ‘sti tentati stupri, di furti, di calcare la mano, di fare più pesante quella che è la situazione reale.

Che la presenza di estremisti sul posto sia assodata – anche se è ancora da stabilire a che titolo preciso fossero lì, soprattutto alla luce dell’esplosione di Mafia Capitale e delle minacce di un sodale di Salvatore Buzzi alla presidente della cooperativa “Un sorriso” – lo pensano anche gli investigatori. Cito dal Messaggero del 16 dicembre 2014:

Dopo gli scontri e la trasmissione di due informative dalla Questura con la descrizione dei fatti, Albamonte sta cercando di ricostruire la genesi dell’attacco a colpi di pietre, bottiglie e saluti romani. E soprattutto di stabilire il ruolo di Forza nuova, protagonista della protesta e delle tensioni, […] La testimonianza di Gabriella Errico, a questo punto, sarà fondamentale. Se non altro per stabilire se ci sia un nesso tra i recenti fatti e le minacce, a suo dire subite per anni, da Sandro Coltellacci, uno dei gestori delle coop di Sandro Buzzi.

E ancora:

Che ci fossero militanti di Casa Pound ad assaltare il centro, per gli investigatori, è una certezza.Il movimento di estrema destra ammette di avere partecipato alle proteste ma nega il coinvolgimento negli atti violenti.

Dopo Tor Sapienza è stato il turno della «marcia delle periferie» nel centro di Roma (15 novembre 2015) – una manifestazione piena zeppa di neofascisti del presente e del passato, tra cui Adriano Tilgher e Andrea Insabato – e del fallito tentativo delle destre romane di creare un’altra Tor Sapienza all’Infernetto, un quartiere di Roma dove erano stato trasferiti i rifugiati del centro sgomberato con l’assalto razzista.

Per ricapitolare, in tutte le proteste in periferia si è riprodotto il seguente schema:

– Avviene un’aggressione più o meno verificata in una zona disagiata di Roma;

– Gli stranieri, senza farsi troppe domande, sono indicati come i responsabili;

– L’estrema destra, su tutti CasaPound e Lega Nord, alza al massimo la tensione e/o scende in strada per manifestare.

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Da un lato, questa strategia ricalca quella vista all’opera con i “Forconi”; dall’altro, invece, si ispira direttamente a quanto ha fatto Alba Dorata in certi quartieri di Atene prima dell’ingresso in Parlamento. Nella rivolta delle periferie, infatti, un ruolo fondamentale lo hanno giocato i comitati di quartiere, che sono pesantemente infiltrati – quando non direttamente guidati – dalle destre.

Per concludere, di tutta la vicenda mi ha sempre colpito molto una frase detta da Mario Borghezio nell’ambito di una convention neofascista a Roma del giugno 2014, alla presenza dell’ex terrorista nero Stefano Delle Chiaie:

Oggi da parlamentare europeo giro di più Roma, e mi accorgo che i romani amano nel profondo questa città. E quindi, tenendo conto di questo fatto, perché non far breccia nel cuore dei romani e organizzare noi delle iniziative per difendere la grande bellezza di questa città, violentata schifosamente da quelli che l’hanno riempita di immigrati e di immondizia? Se date il via a iniziative di questo genere, io sarò con voi e alla prima ronda ci voglio essere. Quando il nostro popolo sente il bisogno di una rivoluzione nazionale, noi dobbiamo metterci alla guida di questa rivoluzione.

Parole piuttosto profetiche, no?

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[Qui sotto ci sono tutti i miei articoli sulla rivolta delle periferie romane pubblicati su VICE e Internazionale]

La manifestazione di CasaPound e Borghezio è stata tristissima (14/08/2014)

Le periferie romane sono in rivolta contro Roma (01/10/2014)

Nella periferia di Roma sono sono iniziati i pogrom contro i migranti (12/11/2014)

Dietro gli assalti a Tor Sapienza non ci sono solo i cittadini indignati (17/11/2014)

Le destre romane stanno cercando di creare una nuova Tor Sapienza (24/11/2014)

Come i neofascisti provano a prendersi le periferie romane (11/12/2014)

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I Maschi Selvatici contro le Checche Isteriche

– Sullo spazio politico delle altre formazioni di estrema destra in Italia –

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Dal momento che il «Fronte Nazionale» italiano è composto da Lega Nord, CasaPound e Fratelli d’Italia, che spazio è rimasto agli altri movimenti di estrema destra? All’inizio di marzo 2015 è uscita la notizia che a destra di Salvini e CPI sta per tornare – rullo di tamburi – il Movimento Sociale Italiano in funzione anti Salvini.

In un articolo su Libero, Fiore ha esposto il posizionamento politico che avrebbe questo «nuovo» raggruppamento: «Ci sono vasti ambienti su posizioni nazionalistiche e patriottiche che non si riconoscono nel progetto politico di Salvini. Il suo è un programma liberale, con la flat tax al 15% per tutti, pieno di contraddizioni. Anche sui diritti sociali non si riescono a capire le idee del segretario della Lega».

La bocciatura di Fiore per Salvini («inaffidabile») è senza appello:

Stiamo lavorando per raccogliere quegli ambienti di destra che non si riconoscono nella Lega. L’assenza dei romani in piazza del Popolo (lo scorso sabato, ndr) è stata evidente, non puoi dire certi slogan per 25 anni ed essere credibile. A breve nascerà un soggetto politico dall’alleanza tra Forza Nuova e sezioni del Msi, come quella di Prati di Alfredo Iorio. Entro un mese ci sarà la prima importante iniziativa che faremo insieme.

La contrapposizione, precisa Fiore, sarà anche contro CasaPound, sempre nel nome della retorica «anti-sistema»: «CasaPound ha rinunciato al suo posizionamento anti-sistema e ci è entrata […]. Lo dico senza malizia e senza polemica. Per noi è un fatto positivo perché ci lasciano uno spazio, quello nazionale-popolare, che siamo pronti ad accogliere».

Essendo praticamente scomparsa dalle piazze, Forza Nuova in questi mesi si è fatta vedere spingendo sulla cristianità e puntando molto sul contrasto alla «teoria del gender» e alla «lobby omosessualista». Nell’aprile del 2014, Lotta Studentesca (il braccio studentesco di FN) ha manifestato fuori dal liceo Giulio Cesare di Roma con tanto di celticone e slogan quali «Maschi selvatici / non checche isteriche». Il motivo? Alcuni insegnanti avevano letto in classe il romanzo Sei come sei, che contiene – orrore! – una scena di sesso tra due ragazzi.

In quegli stessi mesi non sono mancate iniziative decisamente più ridicole, come ad esempio il blitz alla libreria Scandellara di Bologna per contestare un «libro sui pinguini gay», e quello contro una libreria delle Edizioni Paoline (sul serio) di Treviso, colpevole di avere tra gli scaffali un libro di «fiabe gay».

Oltre alle azioni contro scuole, biblioteche e librerie “gender”, Forza Nuova ha anche tentato di controllare il movimento omofobo delle Sentinelle in Piedi. In un articolo pubblicato su Fanpage, Davide Falcioni scrive:

Nel dicembre del 2013 la sezione milanese di Forza Nuova lamentava una censura da parte delle Sentinelle in Piedi: “Una trentina di forzanovisti – si legge in un post del 15 dicembre – giunti a dare il proprio sostegno e contributo all’iniziativa, sono stati invitati dal servizio d’ordine degli organizzatori, a non utilizzare alcuni testi che avrebbero voluto leggere nel corso della manifestazione stessa, imperniata, come noto, sulla presenza silenziosa di uomini e donne impegnati a presidiare un luogo pubblico leggendo”. I testi censurati erano due: “Omofollia”, il cui scopo è “contribuire alla buona battaglia contro l’ideologia omosessualista” e la rivista “Ordine Futuro”, facente capo a Forza Nuova.

La strategia di concentrarsi sulla Croce, comunque, a volte può pagare in termini di visibilità. Lo dimostra anche la partecipazione di Roberto Fiore a un convegno tenutosi lunedì 16 marzo 2015 al Pirellone, in cui il leader di FN ha fatto un imperdibile intervento intitolato «Dal gender all’Isis, una strategia per la distruzione della Croce».

Il problema è che anche questo campo sta diventando piuttosto affollato. Lo dimostra il recente caso dell’asilo di Trieste (ne ho scritto su Internazionale), diventato il bersaglio di una feroce e distorta campagna mossa da integralisti cattolici ed estremisti di destra. Forza Nuova ha fatto la sua solita azione (mettere un catenaccio al cancello dello scuola), ma è stata surclassata mediaticamente dall’intervento PAZZESCO di Matteo Salvini,

da quello trucido-coatto di Simone Di Stefano,

E dalle immagini incazzose di Giorgia Meloni.

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“Aquila Nera” & FascioFacebook

– Su come l’estrema destra utilizza Internet e i social network –

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Non si può parlare di neofascismo e nuove destre in Italia senza parlare di Internet e dei social network. Come scrive il giornalista Guido Caldiron nel libro Estrema Destra. Chi sono oggi i nuovi fascisti?, Internet è diventato per l’estrema destra

uno sterminato laboratorio ideologico, dove tesi che altrimenti avrebbero potuto circolare solo in ambiti molto ristretti hanno conosciuto una diffusione enorme. Allo stesso tempo, “comunità virtuali” costruite in nome della razza o dei miti di ispirazione nazista del “sangue e del suolo”, hanno potuto vedere la luce attraverso migliaia di pagine web, video, canzoni e immagini, aggirando in modo sempre più scaltro le norme che nella vita quotidiana, almeno in vari Paesi, ne avrebbero reso impossibile l’esistenza.

In più, secondo i ricercatori Tom Stevens e Peter Neumann del King’s College di Londra, per gli estremisti neri la rete assolve ormai ad almeno tre funzioni decisive:

  • Offre la «possibilità di creare una sorta di “pacchetto” ideologico dove testi, immagini, video e materiali fruibili anche in forma interattiva, ad esempio attraverso i blog, rafforzano le tesi che si vogliono proporre ai nuovi adepti di un gruppo o anche a dei semplici internauti occasionali»;
  • Non rende più necessario il «doversi recare di persona a incontri o meeting», poiché permette di «entrare in contatto con qualsiasi formazione, anche la più radicale, attraverso il proprio computer»;
  • Attraverso il web «si possono sviluppare delle nuove reti sociali, in cui punti di vista o comportamenti, normalmente inaccettabili nella società, diventano “normali”. Gli estremisti possono circondarsi in questo senso di persone che condividono opinioni radicali quanto le loro».

A questo proposito, poco tempo fa mi sono occupato di un fatto di cronaca – gli arresti del dicembre 2014 nell’ambito dell’inchiesta «Aquila Nera» – e dell’analisi del «FascioFacebook».

Il primo lo si può tranquillamente definire una «parodia del terrorismo neofascista». Leggendo l’ordinanza di custodia cautelare, infatti, ci si trova di fronte a una specie di «terrorismo in salsa facebookiana» più che al ritorno dell’eversione nera. I membri di questa fantomatica «Avanguardia Ordinovista» erano principalmente dei freak, che passavano il loro tempo a delirare su Facebook e condividere immagini di questo tipo:

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In certi punti dell’ordinanza venivano riportati episodi veramente grotteschi. In una profetica conversazione, ad esempio, due indagati esprimono il timore di «andare dentro», «prendersi pure del pirla» e «farci ridere indietro e prendere i calci nel culo». Il capo Stefano Manni, invece, tira pacco a un appuntamento chiave per la strategia eversiva del gruppo inventandosi un fermo dei carabinieri per andare alla recita di Natale della figlia.

Al di là dell’inesistente pericolosità di questi eversori da tastiera, quello che preoccupa veramente sono le idee che questi attempati fascisti da social network diffondevano in gruppi e bacheche. Lo stesso Manni, scrive il gip, riteneva che lo «scenario politico ed economico italiano» fosse «l’humus favorevole» per «sollecitare sentimenti di antisemitismo e xenofobia, affiancanti da marcate forme di istigazione ed incitamento ad azioni estreme».

Il problema è che non aveva nemmeno tutti i torti, visto che posizioni del genere – l’odio verso gli immigrati, le minacce di morte a certi esponenti politici e la nostalgia per Benito Mussolini – sono tutt’altro che minoritarie sul Facebook nostrano. E qui arriviamo al secondo punto – il FascioFacebook, la fogna dell’Internet italiano. Fondamentalmente, si tratta di quel «sottobosco da social network che impiega le proprie giornate a rievocare i fasti perduti, combattere contro la Peste Rossa, condividere foto di sfilate al passo dell’oca e sfruttare l’immagine di Mussolini a fini pubblicitari».

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L’elenco delle pagine che glorificano Mussolini e fanno apertamente apologia di fascismo è sterminata. Solo per citarne alcune, ci sono Benito Mussolini (82mila fan), Benito Mussolini-Il DUCE, IL DUCE BENITO MUSSOLINI (32mila fan), Io AMO Benito Mussolini, BENITO MUSSOLINI ETERNA PASSIONE, Fratellanza NERA, Duce: un atto di fede, Istinto Fascista : Nel Dubbio Mena – e molte altre ancora.

La pagina I Giovani Fascisti Italiani (più di 140mila fan) è senz’ombra di dubbio il gruppo principe del FascioFacebook. Nella descrizione della pagina si può leggere: «Per la rinascita dell’Italia! FASCISMO VUOL DIRE: ORDINE, RIGORE, POTENZA, UNIONE, LEGALITA’, GIUSTIZIA, AZIONE, RINNOVAMENTO, PATRIA, LIBERTA’, AMORE, FAMIGLIA, LAVORO».

I Giovani Fascisti Italiani funziona non solo da centro di smistamento delle «notizie», ma si occupa di segnalare le «pagine amiche» e decidere l’orientamento politico-ideologico da attuare in un presente dominato da buonisti rossi. I post della pagina, infatti, spingono bufale xenofobe e razziste a tutto spiano, spargono disinformazione e, già che ci siamo, disvelano la grande truffa delle scie chimiche.

Il tutto, come si vede dall’immagine qui sotto, è accompagnata da immagini di «propaganda» che si rifanno esplicitamente allo stile dell’ISIS.

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+ + +

Frasario minimo del ggentismo

– Un’appendice –

| NO EURO |

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(Via.)

In poche parole: la causa di tutti i mali. L’alternativa di tornare alla lira – quanto si stava bene quando c’era la lira, signora mia – sarebbe una catastrofe, ma poco importa. La cosa fondamentale è ripetere 24/7 che è un «crimine contro l’umanità» perpetrato dall’«Unione Sovietica Europa».

| PRIMA GLI ITALIANI |

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Anche l’altra versione – «L’Italia agli italiani» – è parecchio gettonata. Per capire bene il senso politico dell’espressione, è utile riportare alcuni punti salienti di un articolo di Adriano Scianca (Perché è giusto dire: “Prima gli italiani”) apparso su Il primato nazionale:

  • «Esiste una questione preliminare, originaria, ineludibile, che va posta prima di ogni argomento pro o contro l’immigrazione: in casa nostra vengono prima i nostri. In altre nazioni, da tempo si discute della possibilità di una legge per la preferenza nazionale. A inventare il termine fu, nel 1985, l’intellettuale e di lì a qualche anno eurodeputato del Front national Jean-Yves Le Gallou».
  • «Lo straniero, anche comunitario, che non lavora né cerca un impiego deve poter essere espulso. Va bene l’accoglienza, va bene le ragioni della solidarietà. Ma se poi non hai lavoro e non lo cerchi, se ti adagi in un’esistenza di parassitismo, nel migliore dei casi, e di lavori fuorilegge, nel peggiore, te ne torni a casa tua. […] Tutto ciò è razzista? Niente affatto. È comune buon senso. Nessuno di noi farebbe l’elemosina a un clochard incrociato in un vicolo se si trovasse nelle condizioni di stare per vedere in mezzo a una strada la propria famiglia. Prima si sistema la propria casa, poi viene il resto».
  • «Non si dice che prima debbano venire gli italiani perché gli italiani sono “meglio”. È solo una questione di responsabilità: lo Stato italiano deve occuparsi degli italiani, così come io sono responsabile innanzitutto di mio figlio e lo sono anche se il figlio del vicino è più bravo e più buono. Ma quello è suo e questo è mio ed è di lui che devo occuparmi, perché è di lui che devo rispondere».

| NON SONO NÈ DI DESTRA, NÈ DI SINISTRA |

(Un esempio visivo di cosa si intende per “superamento degli steccati ideologici”.)

Un grande classico, smontato dai Wu Ming in un lungo e dettagliato post pubblicato su Giap nel lontano 2012.

| NON SONO RAZZISTA, MA |

I razzisti non sono quelli che fanno status del genere,

O tweet di questo tipo.

No, tutt’altro. Come sostiene «l’antirazzista» Salvini, i «veri razzisti» sono gli «antirazzisti di sinistra» e i buonisti che costringono «100mila persone a venire qua, illudendole su un futuro che non c’è».

Altre apprezzate varianti sono quella del «Non sono razzista, ma…», oppure «Se lamentarsi di [qualcosa fatto dagli immigrati] significa essere razzisti, allora io sono razzista».

| ROM, NOMADI, ZINGARI |

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Sono i nemici di sempre, la «feccia della società», l’ossessione di Matteo Salvini, il bersaglio prediletto degli Italiani Veri e una forma di razzismo apertamente incoraggiata. Sì, anche a sinistra.

| LE BUFALE SULL’IMMIGRAZIONE |

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Ormai un genere letterario a sé stante. Contarle e/o smontarle tutte è semplicemente impossibile. Tra le più odiose ci sono le seguenti:

| RIPORTATE A CASA I NOSTRI LEONI |

A forza di manifestazioni di piazza piene di militanti di CasaPound, perizie di falsi ingegneri legati a CasaPound, bufale sul caso che ormai vivono di vita propria e iniziative in discoteca organizzate da sindacati della polizia, l’imperativo categorico è uno solo: spezzare le reni agli indiani e riportare a casa I Nostri Leoni™.

| JE SUIS STACCHIO |

clintstacchio

Per le vecchie e nuove destre – e non solo per le destre – il benzinaio veneto è il nuovo eroe dea Patria, il cittadino-giustiziere che dispensa la sua legge a colpi di fucile e riporta l’ordine nel Far West italiano. Sul caso Stacchio ho scritto un reportage per Internazionale: I cowboy del Nordest.

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Drop the Hate / Commenti (7)

#1

franco fois
Rilasciato il 24.03.15

articolo fazioso, lungo e noioso…… viene da chiedersi se ce davvero qualcuno che l’ha letto sino alla fine!

#2

a.
Rilasciato il 24.03.15

Articolo interessante e che cerca di riepilogare molte cose poco note e/o non evidenziate dai media italiani.
Peccato la sparata sul caso Marò, dove alle faziosissime posizioni della destra seguono quelle della sinistra, senza che il diritto internazionale rischi mai di fare capolino. Il diritto internazionale non dovrebbe avere colore politico.
Per il resto, complimenti.

Cordialità

#3

eeeelu
Rilasciato il 24.03.15

“L’alternativa di tornare alla lira sarebbe una catastrofe”

Te lo giuro non so se ridere o piangere quando vi vedo d’accordo con Monti.

L’ha capita pure Fassina che con la libertà di movimento dei capitali, l’euro, l’ue e il pareggio di bilancio l’unica alternativa è la “deflazione salariale” aka “jobs act” aka “DESTROY DOMESTIC DEMAND”.
Lo vanno dicendo Giacché, Bagnai, Brancaccio, Cesaratto, Zezza, da anni. Economisti di sinistra. Ma voi compatti a testa bassa: se domani anche i fasci affermano che esiste la forza di gravità, organizzerete un flash mob per un volo proletario giù dalle torri di Bolo.

#4

MadCapLaugh
Rilasciato il 17.04.15

Una analisi profondissima, equiparabile al “cazzo raga ci sono i fasciii!” Di quando si occupava scuola a 15 anni. I fasci non verranno quit. Ma poi il cambio fisso non era fascista? L’ho studiata solo io la quota 90? E la propaganda non era fascista (il “fate presto” a caratteri cubitali sul sole 24h prima che monti smantellasse lo stato sociale, e tutte le altre palle su “lo spread è colpa di berslusconi che va a troie e non ha credibilità”, la correlazione fra aento di spread e il fatto che la Grecia fosse stata lasciata fallire, non lo ha visto nessuno?) palle colossali dateci in pasto prima della pillolina monti. E soprattutto la mancanza di DEMOCRAZIA non era fascista? Monti lo sa benissimo che la massima integrazione economica passa per la perdita di sovranità dello stato nazionale (la famosa cessione di sovranità che avviene durante le crisi), e per la perdita di quote di democrazia ( le riforme che sempre secondo monti andrebbero fatte “Al RIPARO DAL PROCESSO ELETTORALE”!). Si chiama trilemma di Dani Rodrik, che per inciso ha la cattedra di politica economica ad Harvard. Purtroppo oggi lo stato nazionale è odiato dalla sinistra perché viva l’internazionalismo viva Marx viva Lenin. È odiato dalla destra perchè il libero mercato e lo statoladro. E così l’unico baluardo di difesa dei diritti e dello stato sociale se ne va.

#5

MadCapLaugh
Rilasciato il 17.04.15

In ogni caso ha ragione eeeelu, l’affermazione: “L’alternativa di tornare alla lira sarebbe una catastrofe” è spassosissima e soprattutto molto ben argomentata. Alcune persone, premi nobel, non esattamente dei neonazisti dell’Illinois, hanno detto cose non molto positive sulla moneta unica (http://www.forexinfo.it/Nobel-contro-l-Euro-Mirrlees). Ma il nostro blicero ci dice che il ritorno alla lira sarebbe una catastrofe, perché si, perché è così, perché l’ho sentito dire da non so bene chi… Non un argomentazione, non una fonte, niente di niente: si chiama disinformazione, un modo molto poco democratico di gestire l’opinione pubblica. Si parlava di fascismo?

#6

Marco
Rilasciato il 27.07.15

Vi Manca.

Ammettetelo.

#7

Hellen
Rilasciato il 02.06.16

…mamma mia tutto nero… e faziosetto

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