Tropa De Elite

Pubblicato da Blicero il 7.04.2008

Mentre l’Italia si copriva di ridicolo al festival di Berlino con la solita pellicola in menopausa (in questo caso era “Caos calmo” – si, il film in cui il compagno Nanni Moretti si sforza di toccare per finta le tette cinquantenni della Ferrari – oddio, saremo tutti dannati, buon Signore aiutaci tu!), José Padilha sbancava la Germania con il suo Tropa de Elite e portava in Brasile, meritatamente, l’Orso d’Oro.

Batalhão de Operações Policiais Especiais

Il film è basato in larga parte sul libro “Elite de tropa”, scritto dal sociologo Luiz Eduardo Soares e da due ex agenti del BOPE, una squadra speciale della polizia di Rio che opera principalmente nelle favelas, cioè nell’altro mondo del Brasile. “Tropa de Elite” diventa un caso ancor prima di uscire nei cinema, quando la versione piratata del film incomincia a circolare per le strade di Rio de Janeiro: dopo qualche mese, la gran parte della città ha già visto il film. Dalla città alla nazione il passo è breve, ed il relativo dibattito nazionale si spacca inevitabilmente in due, scisso com’è lo stesso Brasile, sospeso tra l’asfalto scintillante della città e la fatiscenza disperata e criminale delle baraccopoli.

La storia di “Tropa de Elite” è, in gran parte, la storia del capitano Nascimento (ottimamente interpretato da Wagner Moura), ufficiale del BOPE divorato dal suo lavoro – anche se il termine lavoro è inadatto: il BOPE è a tutti gli effetti un esercito (durissime sono infatti le scene dell’addestramento) che combatte una guerra urbana e governativa contro i trafficanti delle favelas. Il film, tuttavia, non ruota solo attorno al protagonista: segue una ONG con sede nel cuore delle favelas, mostra (il taglio è indubbiamente realista, quasi documentaristico) la corruzione dilagante che pervade il corpo di Polizia, ritrae una Rio de Janeiro dove il termine interclassismo significa piombo, sacchi di nylon sulla testa e violenza endemica; l’unico vero collante tra i vari strati sociali è la droga, che innaffia i piani alti della società per poi sprofondare nel ventre squallido e polveroso della città.

“La gente non capisce che questa è una guerra”

Il BOPE di “Tropa de Elite” è una vera e propria macchina da guerra, che prima di fare domande spara, e che quando decide di fare domande ricorre sistematicamente alla tortura. La garanzia dell’impunità è assoluta, o almeno è quanto traspare dal film (anche se non è facile immaginare diversamente): ed è questa la scelta di Padhila che è stata più duramente avversata dalla critica, la quale ha accusato il regista di aver costruito a tavolino un modello negativo (il capitano Nascimento, appunto) nel quale la popolazione si sarebbe potuta riconoscere e, in un certo senso, immedesimare.

A nostro avviso è esattamente il contrario: il regista ha scelto un taglio spietato, asciutto e neutro, senza tanti giudizi morali di sorta, proprio per far risaltare il contesto di drammaticità ed eccezionalità (nel senso di rottura totale dei principi di “Ordem e Progresso“, che dovrebbero essere gemme idealistiche incastonate nella bandiera brasiliana) in cui versano le favelas. A fronte della totale inaguatezza della classe dirigente e della totale impotenza del sistema giudiziario nel mettere alla sbarra i trafficanti, è naturale che in un vero e proprio scenario di guerra cittadino la popolazione chieda ed esiga misure drastiche, anche in antitesi con i dettami costituzionali. Non esiste bilanciamento tra opposte esigenze: c’è solo la necessità della sicurezza. Sicurezza chiesta, magari, da rampanti brasiliani che sniffano cocaina a rotta di collo; o magari dai ragazzi che si lamentano dello sfacelo in cui è piombata la città, con la tromba di marijuana in bocca.

E’ un problema che, in ultima istanza, si chiama controllo del territorio; un problema, in fondo, molto analogo al nostro, ma al contempo molto remoto. Lontano non dal Brasile, ma dall’Italia. Il fatto stesso che al festival figurasse in concorso “Caos calmo” – ci fosse stato anche il peggiore dei poliziotteschi, avremmo fatto una figura decisamente migliore – è molto indicativo dello stato attuale in cui versiamo. Quello di un popolo che si straccia le vesti (senza motivo, peraltro) se vede un’inculata di sfuggita al cinema, ma che se viene sommerso dall’immondizia è pronto a chiudere trecento occhi. L’italiano, come diceva Ennio Flaiano, è pur sempre un individuo mosso da uno sfrenato bisogno d’ingiustizia.

Condividi

Drop the Hate / Commenti (1)

#1

Ofstad
Rilasciato il 05.01.10

daccordissimo!

Fomenta la discussione

Tag permesse: <a href="" title=""> <abbr title=""> <acronym title=""> <b> <blockquote cite=""> <cite> <code> <del datetime=""> <em> <i> <q cite=""> <s> <strike> <strong>