I Tonfa Accarezzano A Mezzanotte

Pubblicato da Blicero il 29.12.2010

Posso vedere Giampaolo Pansa avvicinarsi sempre di più, armeggiare con qualche arnese medico, rimuovere dal mio braccio la flebo, girarmi sul fianco, passare la spugna sulle mie purulente piaghe da decubito e infine allontanarsi. Scorgo sul fondo La Russa, Maroni, Feltri e altri professionisti della Reazione che negli ultimi tempi si ritrovano troppo spesso al capezzale della mia non-vita.

Io sono il Clima Degli Anni Di Piombo. E mi tengono in stato vegetativo da almeno trent’anni, contro la mia volontà, anche perché sono già morto da molto tempo. Ma morire in questo Paese dalla memoria schizofrenica è un’impresa impossibile, e gli accaniti terapeuti della Repressione sono sempre pronti a riattaccare la spina agli obsoleti macchinari e cambiare il catetere ogni volta che la minima esplosione di tensione sociale rischia di bucare l’opprimente coltre di assuefazione & omologazione che toglie il respiro al futuro.

Esempi recenti di questa tensione: gli studenti che bloccano le autostrade, le tangenziali, le ferrovie e salgono sui monumenti; e soprattutto gli scontri in piazza a Roma il 14 dicembre, quando una Beirut formato ridotto si è momentaneamente teletrasportata in alcune strade della capitale. Da una parte si è evocato il ’77, i sommovimenti, i cattivi maestri, una sorta di Valle Giulia 2.0; dall’altra è dilagata sui social network la psicosi dell’Infiltrato, mentre le citazioni di Kossiga impazzavano negli status neanche fossero gli spot di Alfonso Luigi Marra o i twitter di Sasha Grey.

La dimostrazione dell’assioma “Manifestazione Violenta = Infiltrazione della Polizia” teorizzata dall’ex-picconatore – un uomo che la mattina davanti allo specchio probabilmente negava di aver quella faccia attribuendone la responsabilità a libici e francesi – ad un certo punto è sembrata l’unica cosa che importasse davvero: il Potere, oltre a farci pagare la crisi, ci sabota pure le manifestazioni! A volte mi viene da pensare che i movimenti studenteschi non siano infiltrati dai poliziotti, ma dagli studenti stessi. Dopo due giorni, infatti, è venuto fuori che si trattava dell’ennesimo pischello sedicenne che del precariato e della ricerca se ne frega esattamente come chi ha proposto questa riforma: meno di zero. E alla fine la vituperata proposta di legge si è puntualmente trasformata nello squallido sacrificio imposto dallo Stato nell’inutile tentativo di tamponare a breve termine un’emorragia economica inarrestabile.

Gramsci diceva: “La crisi consiste precisamente nel fatto che il vecchio sta morendo e il nuovo non è ancora nato: in questo interregno appare una gran varietà di sintomi morbosi”. E gli scontri del 14 dicembre sono stati esattamente questo: un sintomo morboso, una battaglia combattuta non a colpi di spranghe, manganelli, lacrimogeni, plastica bruciata, sampietrini o altro, ma una battaglia alimentata da disperazione, nichilismo e incertezza sia da parte di forze dell’ordine stremate dai tagli che da parte di manifestanti impotenti, annichiliti, schiacciati da un presente sempre più insopportabile che sta lentamente ma inesorabilmente spillando la gioventù dai loro occhi – e tutto questo mentre Gelmini & co. autisticamente si ripiegavano nel palazzo contando gli stuzzicadenti e blindando gli emendamenti. È facile instillare la paura quando una società si sta disgregando: le bombe nelle piazze non servono, è sufficiente la presidente del Senato leghista di turno che batte la sua clava sullo scheletro dei regolamenti parlamentari.

Ad ogni modo, nella stanza d’ospedale ormai non c’è più nessuno. Sono usciti tutti. Ma so che sono pronti a ritornare, in qualsiasi momento. Dopo qualche minuto una sagoma indistinta scosta la porta, scivola furtivamente verso il letto in cui giaccio e si siede di fianco a me. Singhiozza, silenziosamente, tenendo la testa bassa. Alza il volto, rigato dalle lacrime, per accarezzarmi. È il sindaco di Roma, Gianni Alemanno. Mi fissa intensamente, come si può fare solo con i vecchi, laceranti amori perduti, e sussurra al mio orecchio: “Mi manchi da morire”.

Io volevo solo riposare in pace.

(Illustrazione: Flickr)

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Drop the Hate / Commenti (3)

#1

Adrem
Rilasciato il 29.12.10

Ottimo e ottimamente scritto.

#2

ciasky
Rilasciato il 30.12.10

Lucido, condivisibile, triste.

#3

ermimio ottone
Rilasciato il 02.01.11

laprovatarepubblica.com

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