Centro Di Padanità Permanente

Pubblicato da Blicero il 12.04.2010

Che cos’è Roberto Calderoli? Un chirurgo maxillo-facciale prestatosi all’ingegneria costituzionale? L’amico che è rimasto indietro alle medie e che rivedi dopo 20 anni alle pizzate organizzate su Facebook, trovandolo ancora più indietro? Uno di quei padani imprendibili, indefinibili, che vanno in giro col lanciafiamme e la giacca pochette-verde-munita, capace di grandissime stronzate come di grandissime cazzate, inneggiante al dio Tanaris e al contempo al rimorchio delle gonnelle papali, abili nello staccare il cervello al momento sbagliato e di mancare sistematicamente il posto giusto, dedito alla realizzazione di un disegno che cerca sempre di decifrare – non riuscendovi mai?

Gli investigatori, i politologi, gli analisti e gli emisferi destro/sinistro dello statista padano non l’hanno ancora capito. Condannato nel 2004 a due anni di Ministero per le riforme, nel 2008, dopo un anno di semilibertà, viene beccato nuovamente e ricondannato in qualità di recidivo ad una pena decisamente più pesante: il Ministero per la Semplificazione – direttamente da un’idea di un taglialegna che ha mal digerito 1984 di Orwell, dopo averlo usato per decadi come puntello al tavolo di lavoro nell’officina in provincia di Bergamo.

Le numerose vittime dell’attività politica di Calderoli non sono ancora riuscite a metabolizzare quei soprusi così incomprensibili, efferati e atroci, nemmeno dopo estenuanti cure psichiatriche, profonde analisi sociologiche, innumerevoli sedute di waterboarding nel backstage della trasmissione di Paragone e risarcimenti che verranno probabilmente negati per il decorso della prescrizione. Riportiamo di seguito alcune testimonianze agghiaccianti, ad uso e consumo dei posteri. Perché ormai solo la Storia potrà pronunciare la parola definitiva all’ennesimo, inestricabile Mistero Italiano.

Prova #1 – Costituzione Italiana

Mi trovavo a Roma, e come tutte le mattina mi stavo recando verso piazza Montecitorio ad occupare il mio angolo usuale per l’elemosina. All’altezza dell’incrocio tra Via Fani e via Stresa sono stata raggiunta da una Fiat Multipla, che è giunta velocissima dalla fine della via, sgommando e invadendo il marciapiede davanti a me. Dalla vettura sono scesi, molto faticosamente devo dire, quattro uomini vestiti in maniera bizzarra (uno di loro portava una giacca, delle mutande e dei sandali verdi) che hanno subito tirato fuori dalle loro giacche delle bottiglie di prosecco, sidro, chinotto e acqua del Po’, le hanno brandite a mo’ di mazza ed infine si sono diretti verso di me, barcollando e facendo strani versi. Poi mi hanno chiesto di seguirli in macchina con loro. Io non mi sono opposta, loro mi hanno caricato sulla vettura, mi hanno bendata e mi hanno detto di non preoccuparsi, che loro erano lì in missione per conto del popolo italiano, dei coloni padani e che in Europa ci si masturba sulle barbe dei musulmani e ci si pulisce con la legge spagnola sul matrimonio tra omosessuali. Sono svenuta all’istante.

Mi sono risvegliata solo molte ore dopo, in un posto imprecisato, una specie di scantinato. Le mie pagine, i miei articoli e i miei commi erano ovunque, appesi a dei ganci sporchi di carne, e non appena ho ripreso conoscenza il dolore era così intenso che la cover di “Nothing else matters” di Masini sembrava la nona aria di Beethoven. Le mie narici erano impregnate di polenta, formaggi, costine di maiale e lampade a carburo. Sentivo risate sguaiate, di continuo. E numeri, numeri su numeri. L’uomo con le mutande e i sandali verdi era il mio carceriere, quello che si “occupava” di me. Per giorni e giorni ha squartato, seviziato e ripetutamente abusato della mia seconda parte, in particolare gli articoli sul Senato, Regioni e Parlamento. “Adesso ti riduco anche i deputati, zoccola, così vedrai se il referendum non te lo facciamo passare” continuava ad urlare, mentre le sue cesoie sfiguravano orrendamente la struttura portante della Repubblica e della lingua italiana. Non so quanto tempo sono rimasta lì, appesa a quei ganci maledetti, smembrata, denutrita e abbandonata al mio destino di sessantenne che la vita l’ha vissuta tutta sulla sua pelle. Non ricordo il momento preciso in cui tutto sia finito, so solo che mi hanno tratto in salvo due uomini, il primo si chiamava Buon Senso Espresso Sotto Forma Di Referendum Confermativo e l’altro Diocristo Come Cazzo Siamo Caduti Così In Basso.

Ho riconosciuto il mio aguzzino soltanto al commissariato, dove ho scoperto che era già stato attenzionato dalla polizia per l’appartenenza ad un’organizzazione dedita all’anti-intellettualismo che vive ai confini della legalità e della civiltà. Ma ricordo quello che mi disse (o che io ho interpretato, dato che il suo non era propriamente italiano) prima di sferzare l’ultimo colpo sull’articolo 138: “con te non ho ancora finito, vecchio e decrepito cumulo di carta rinsecchita”. E da quel giorno lui popola ogni notte i miei incubi più reconditi.

Prova #2 – Porcellum

Dal verbale di polizia della perquisizione effettuata in un covo clandestino della Lega Nord in una località imprecisata della provincia bergamasca: “…Ritrovatisi reperti di maiale in centro tavola. Tale maiale risultava avere in bocca un’ampolla verde contenente un liquido giallognolo, nonché risultava essere mangiato per approssimativi ¾; sulla pelle del maiale risultava altresì essere tatuato (o inciso con penna biro riscaldata) la seguente frase: ‘Questa legge qua l’ho scritta io ma è una porcata, glielo dico francamente.’, firmato R.C.; altre scritte presenti apparivano essere numeri di percentuali, trascrizioni di versi gutturali, sistemi elettorali di altri paesi europei e vari disegni rudimentali di apparati riproduttivi maschili che si inserivano in apparati riproduttivi femminili. Intorno al maiale figuravano cesoie in quantità numero 4. Le molliche di pane grottescamente rassomigliavano a coppie di genitali. Fonti confidenziali raccolte sul posto confermavano inoltre l’entrata in vigore di una legge ispirata a questa sorta di baccanale dionisiaco, aggiungendo anche la seguente esclamazione: “ammesso che sappiano cosa voglia dire dionisiaco, e soprattutto cosa sia una legge elettorale”.

Prova #3 – Vignette Jyllands-Posten

È stato orribile. Orribile. Quasi più orribile di noi, che non facevamo ridere per nulla (oltre che ad essere disegnate da cani) – eravamo solo delle provocazioni infantili fatte per essere strumentalizzate, ottime in un periodo in cui lo scontro di civiltà tirava quanto Kate Moss ad un party newyorkese. Avremmo preferito essere rinchiuse in una caverna nell’area tribale al confine tra Pakistan e Afghanistan, riprese a recitare un noiosissimo pippone in arabo sulla politica estera omicida ed imperialista degli Stati Uniti mentre un mujāhidīn ci taglia le teste con una sciabola arrugginita. Sarebbe stata una fine gloriosa, specialmente dopo tutto la baraonda che avevamo suscitato tra i fanatici del politicamente corretto e i fanatici islamisti.

Ed invece niente. Ci è toccato finire stampate su una maglietta. Siamo stati a contatti col il suo petto, il suo ventre ed il suo lardo per un paio di lunghissimi, interminabili attimi. Ci siamo impregnate del suo odore. Siamo state persino negli studi Rai. Nel 2006. E abbiamo visto in faccia Mimun. Dal petto di Calderoli. Neanche gli horror francesi degli ultimi anni erano arrivati ad un simile livello di crudeltà. Sappiamo anche quello che è successo in Libia due giorni dopo, ma non ci interessa nulla. E sappiamo anche che è stato costretto alle dimissioni, interrompendo così l’emozione indicibile di essere diventato ministro. Lui, che nemmeno su sé stesso avrebbe scommesso una lira – pardon, un calderolo. Ebbene, ci interessa ancora di meno. Alle vittime di stupro nessuno ridarà mai i momenti della violenza, momenti strappati via dall’esistenza per sempre.

E nemmeno a noi nessuno ridarà quegli attimi. Mai. Chiedevamo solo un mozzamento di teste, un attentato terroristico, una cellula fanatica pronta a colpire in pieno giorno, frotte di imam in ebollizione. E invece siamo finiti lì. Nessuno, mai, per sempre.

Prova #4 – Fuoco usato per il rogo delle leggi inutili

Prometeo. I latini. Elias Canetti in Massa e Potere. Cecco Angiolieri. Jan Palach. I monaci buddisti. David Lynch. Ed ora Calderoli. D’accordo, ogni tanto mi faccio prendere la mano. Distruggo, rado al suolo, uccido, faccio molte altre cose riprovevoli, ma non sono cattivo di mio, è solamente la mia natura. Ed ora mi chiedo come ho fatto a passare dall’antica Grecia a Calderoli. Perché l’evoluzione antropologica della vostra specie è deragliata così vergognosamente? Vorrei sapere chi ha deciso di farmi finire nel 2010 in nel piazzale di una caserma dei pompieri, alla mercé di un individuo vestito in jeans, giaccone e cravatta verde che tiene in una mano una piccozza e nell’altra un lanciafiamme, vorrei sapere perché devo essere usato nel 2010 per eliminare dalla faccia della terra leggi del 1861, provvedimenti per la guerra alle mosche e altre amenità del genere, vorrei sapere perché mentre la mia combustione prende forma il suddetto individuo si metta a girarmi intorno, facendo simboli della vittoria e sorridendo come un bambino che mostra orgoglioso ai suoi genitori il primo stronzillo depositato nel vasetto.

Io cerco solo di fare il mio lavoro, cerco solo risposte a queste domande che mi stanno spegnendo dentro. Cerco una risposta ad una brutalità così gratuita. Ridatemi un Reichstag da bruciare al più presto, per favore.

Prova #5 – Roberto Calderoli

Sì, sono io. Roberto Calderoli. O meglio, sono quello che rimane dell’essenza umana di Roberto Calderoli. Da tempo, troppo tempo, sono rinchiuso in questo avatar psicofisico che non mi appartiene. Sì, sono quello che ha detto questo, nel lontano 1996: “Apprendiamo che Berlusconi si lamenta con Dini accusandolo di aver copiato il programma di Forza Italia del 1994. Strano, mi risultava che fosse Berlusconi ad aver copiato il programma di qualcuno. Un tale che abita in Toscana, Licio Gelli. Vien da dire: chi la fa l’aspetti”. E sono riuscito a dire molte altre cose ancora. All’epoca, infatti, contavo ancora qualcosa. Seriamente, l’avevo fatto diventare quasi normale. Poi le cose sono andate terribilmente male, malissimo. È precipitato tutto. Mi ha costretto a sposarmi con rito celtico. Mi ha fatto dire una cosa del genere: “Giuro davanti al fuoco che mi purifica. Esso fonderà questo metallo come le nostre vite nuovamente generate”.

Lo so, voi non mi crederete. Penserete, Guarda che furbo questo, fa credere a tutti di essere un cretino, ed invece ne sa una più del diavolo. E allora io vi dico, Provate a guardarlo in faccia per qualche secondo, e voi mi risponderete, Sì, hai perfettamente ragione, scusaci se abbiamo messo in dubbio la tua disperata buona fede. E vi unireste, forse, come spero che farete, alla mia lotta, alla mia battaglia per riappropriarmi di ciò che è mio, per riconquistare la mia dignità di persona, di essere umano, quella dignità che mi è stata rubata e trafugata in chissà quale meandro dei suoi compartimenti cerebrali stagni. Come pensate che debba sentirsi uno ad affermare a mezzo stampa, riferendosi al mondiale del 2006, che l’Italia ha vinto contro una squadra che ha immolato per il risultato “la propria identità, schierando negri, islamici, comunisti”?

Vi prego, fermatevi un attimo, riguardatelo in faccia, giusto qualche secondo. Poi leggete il primo articolo della dichiarazione universale dei diritti dell’uomo. Recita così: “Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione e di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza”. Salvate le vostre energie per comprare banane equosolidali al supermercato etnico e concentratevi sull’aiutare concretamente chi vi sta vicino, la persona sulla quale potreste influire veramente – se solo non foste impegnati ad adottare il ventesimo bambino in Africa.

In nome dei diritti umani, in nome dell’appartenenza alla stessa specie, aiutatemi a recuperare un fratello umano alla nostra meravigliosa e ancestrale comunione chiamata Vita.

(Pubblicato su ScaricaBile – Speciale ministri)

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