Pulgasari, Ovvero Il Cinema Secondo Kim Jong-Il

Pubblicato da Blicero il 21.12.2011

La Shin Films riaprì i battenti a Pyongyang. “Odiavo il comunismo, ma dovevo far finta di essere devoto per scappare da questa follia”, scrive Shin. Tuttavia il regista, finalmente in condizione di lavorare di nuovo, sembra rassegnarsi a rimanere nella Corea del Nord. Anche perché, come ha dichiarato al quotidiano Seoul Times nel 2001, “c’erano meno restrizioni di quanto si creda” in fatto di soggetti e scelte artistiche. Shin, ovviamente sotto la scrupolosa supervisione del Caro Leader, girò un totale di sette film in appena tre anni. Il più interessante del lotto è sicuramente Pulgasari (1985), un kaijū eiga (monster movie) con protagonista una versione Juche-socialista di Godzilla.

Ambientato durante il quattordicesimo secolo nella Corea della dinastia Koryŏ, Pulgasari è la storia di una sollevazione contadina contro gli oppressivi tiranni feudali. All’inizio del film, dei soldati governativi confiscano tutti gli attrezzi agricoli di un piccolo villaggio e ordinano al fabbro Taksae di costruire delle armi per il Re. Il villaggio si rifiuta di obbedire, e tutti gli uomini vengono incarcerati. Il fabbro, costretto a non mangiare per giorni1, riesce a plasmare il Pulgasari – un mostro leggendario che secondo la tradizione aiuta le persone povere nei momenti di difficoltà – con dei chicchi di riso, infondendogli vita poco prima di spirare.

Nelle prime scene, Pulgasari è solo un piccolo pupazzo ridicolo e innocuo che si nutre voracemente di ferro e metallo. Nel giro di poco tempo, però, cresce e diventa una bestia di svariati metri di altezza che guida la resistenza contro gli oppressori. Dopo diversi infruttuosi tentativi esperiti dalle truppe del Re per farlo fuori, Pulgasari riesce a distruggere il palazzo regale e uccidere l’odiato tiranno. Fino a quel momento non ci sono dubbi: il mostro è un eroe popolare, ed il film si inserisce saldamente nella cornice ideologico-propagandista del regime nordcoreano. Ma gli ultimi dieci minuti ribaltano tutto. Pulgasari incomincia a vessare il suo stesso popolo per soddisfare la sua inesauribile fame di metallo. Presto i contadini sono costretti a dargli i loro attrezzi da lavoro, le pentole e tutti gli strumenti di prima necessità. Ma ancora non basta. La figlia del fabbro, Ami, decide allora di sacrificarsi (e sacrificare Pulgasari) per la collettività: attira il mostro suonando la grande campana di ferro di un tempio, si chiude dentro di essa ed infine si fa mangiare da quello che un tempo era stato il loro salvatore. Il film si chiude con Pulgasari che, pietrificatosi, esplode in mille pezzi.

Ora, ci sono due modi di interpretare la fase finale del film. Il primo è quello di considerare Pulgasari come un mostro capitalista che ha come unico fine quello di accumulare metallo su metallo. Il secondo è nettamente più sovversivo: Pulgasari è l’allegoria di Kim Il-Sung (e più in generale del regime nordcoreano), un “campione del popolo” che ha sfruttato la rivoluzione per fare esclusivamente i propri interessi. Nonostante ciò, a Kim Jong-Il il film piacque molto. “Il Caro Compagno Leader è deliziato da Pulgasari”, riferirono da Pyongyang.

Nel 1986 Shin e moglie si trovavano a Vienna per discutere la distribuzione di un altro film. Grazie all’aiuto di un critico cinematografico giapponese (identificato con il nome in codice “K.”), i due riuscirono a rifugiarsi nell’ambasciata americana della capitale austriaca e a scappare definitivamente dal regime del Caro Leader. Pulgasari, insieme agli altri film2 girati da Shin, venne fatto sparire – sarà rilasciato solamente nel 1998, su pressione di alcuni critici giapponesi. Tornato in patria, Shin era considerato un traditore. Venne riabilitato solamente dopo la pubblicazione di una registrazione di 45 minuti fatta di nascosto dalla moglie durante il primo incontro con il Caro Leader3. Il regista morì l’11 aprile del 2006, a 79 anni.

In Pulgasari, le ultime parole pronunciate dalla figlia del fabbro e dirette al mostro sono queste: “Per il bene dei contadini, ti prego di sparire dalla faccia della Terra”. Chissà se qualcuno, magari in una remota e sperduta campagna nordcoreana, ha rivolto la stessa preghiera al Caro Leader.

  1. Un riferimento all’esperienza in prigione di Shin? []
  2. Pulgasari non è mai stato il film preferito di Kim Jong-Il. Come ha raccontato lo stesso Shin nella sua autobiografia, il Caro Leader impazziva per Venerdì 13, lo slasher americano del 1980. Ovvero per un film horror, un prodotto tipico del “cinema capitalista” – quello stesso cinema che aveva così definito nel suo libro del 1973:

    Il cinema capitalista, che promuove poche “stelle popolari” per lusingare il pubblico, è essenzialmente una forma d’arte reazionaria che riduce le sue stelle a pupazzi ed il film ad una merce. Non ci può essere un genuino spirito creativo, e il meraviglioso fiore dell’arte non può sbocciare…

    []

  3. Quella registrazione, dirà la coppia ad un giornale sudcoreano, “era una questione di vita o di morte”. []

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Drop the Hate / Commenti (2)

#1

arco
Rilasciato il 21.12.11

Ottimo articolo. Chissà se Shinya Tsukamoto ha mai visto questo film: il suo Tetsuo ricorda un po’ questo Pulgasari.

[ps: il gourmant è voluto?]

#2

La Nouvelle Vague Del Caro Leader | La Privata Repubblica
Rilasciato il 13.03.12

[…] dal regista rapito Shin Sang Ok, “Pulgasari” è la versione juche/socialista di Godzilla. Una teoria interessante sul film è stata […]

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