Il Suo Esercizio è Dovere Civico

Pubblicato da Blicero il 13.04.2008

Il dott. Meroni si era eretto a vigile del traffico delle opinioni, aveva alzato la paletta, aveva deciso lui la recisione di questa o di quell’arteria informativa. Aveva fatto un ragionamento che a lui pareva inoppugnabilmente logico: abbuffarsi di informazioni, accatastare conoscenza, accrescere sommariamente la consapevolezza. Bastava quel quid, nemmeno troppo oneroso o impegnativo – dato che il dott. Meroni, oltre ad essere nel suo campo professionale un quasi luminare, era anche una persona che si informava regolarmente (ogni quattro giorni, il novantasette per cento attraverso la televisione) – ad inquadrare la giusta contingenza istituzionale e sociale e focalizzare i temi sensibili. Dopotutto, non serve avere né una laurea né un titolo accademico per infilare una tessera colorata, accuratamente ripiegata, in una scatola di cartone con la fessura nella parte superiore ed il bollo dello stato.

Eppure, la volta scorsa, nel 2001, il dott. Meroni non era riuscito a votare. Era entrato nella cabina e ne era uscito dopo dieci minuti – senza aver deciso alcunché. Se ne vergognava terribilmente. Cercava di mettere il pensiero ai margini della sua mente, di rimuovere l’omissione, di occultare la prova della negligenza. Ma quel riquadro bianco della tessera elettorale era sempre lì a ricordarglielo: tu, cinque anni fa, non hai votato. Nulla di grave, percarità, ma guai a dirlo in giro, lui che si fregiava dell’accurata preparazione, di facciata beninteso, finalizzata più che al soddisfacimento di un intimo anelito di conoscenza all’umiliazione o alla sottoposizione compiaciuta dell’interlocutore di turno. “Non si può vivere senza sapere cosa fanno i nostri dipendenti”, era il suo mantra (e nel pronunciare la frase, caricava con particolare enfasi la parola dipendenti). La lettura frettolosa dei titoli e l’ascolto distratto e distaccato dei servizi telegiornalistici erano il modo di ottemperare alla norma della sua legge.

I nodi erano venuti al pettine nell’ossequiosa solitudine della cabina elettorale. Due, o erano tre?, schede diversamente colorate, due colonne, simboli, nomi, stemmi, loghi, cognomi, tabelle. La matita tremolante – con quel “ministero dell’Interno” inciso sul cilindro legnoso a mo’ di leviatano. E anche la matita, quella matita, era dopotutto un’articolazione dello stato.

Il pensiero politico c’era, tiene sempre a precisare a sé stesso il dott. Meroni: mancava la sua esplicazione, ecco tutto. Aveva perso il suo candidato, gli era sfuggito il partito, insinuatosi nei meandri pieghettati della carta colorata. Aveva sbavato la tabella, mancato la coincidenza all’appuntamento con il dovere civico. Era uscito boccheggiando, strappando di mano i suoi documenti ai malcapitati scrutatori, osservato curiosamente dall’agente di polizia appostato all’ingresso del collegio elettorale, colmo di chiazze rossastre e ricurvo su stesso, il passo incedente ed al contempo vagamente strascicato.

Ma questa volta la musica sarebbe cambiata. Una voce fidata gli aveva assicurato che la legge elettorale era cambiata: “si, è un’altra roba, è più facile persino, basta fare una croce”. Ed, effettivamente, gli spot televisivi pagati dai cittadini rassicuravano in tal senso: basta fare un segno sul simbolo del partito. La stessa voce fidata gli aveva detto: “se vuoi, puoi controllare sul sito della camera, è tutto spiegato là”. E il dottore c’era andato, sul sito. Aveva visitato il sito istituzionale perché era un distinto signore, sinceramente votato alla causa di un vivere civile e democratico che fosse veramente informato e consapevole. Ci aveva messo quaranta minuti, d’accordo, ma alla fine aveva trovato la sezione e aveva addirittura individuato la legge. E lì, inevitabilmente, si era nuovamente arenato. “T.U. Delle leggi elettorali…D.P.R. 30 marzo 1957, n° 361 e successive modifiche” e così via.

Fra esse, in particolare, quelle introdotte dalla legge del 21 dicembre 2005, n. 270, che ha innovato il sistema per la elezione dei deputati riformulando numerosi articoli del testo originario e dal decreto-legge 8 marzo 2006, n. 75, convertito, con modificazioni, dalla legge 20 marzo 2006, n. 121”.

No, non era possibile. TUDPR19572005? Numero 121? Cosa vogliono dire queste sigle, questi numeri, questi maledetti acronimi?

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Drop the Hate / Commenti (1)

#1

Kagliostro
Rilasciato il 15.04.08

Ciaooooo LPR!
Passavo per un salutino post-elettorale prima della grosse coalition… e mi son trovato ad ammirare il tuo header.
Mi piace troppissimo: non è che c’hai il JPEG originale o sai dove lo posso prendere?
Perché io ho trovato versioni tutte bassa definizione (ovviamente mi serve per metterlo come immagine in qualche post, dunque l’originalità del tuo header sarebbe salva!)
CIAOOOOOOOOO

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