La Sera Andavamo A Salò

Pubblicato da Blicero il 25.04.2010

Di Ernesto Pigiromano Panebattista dell’Ostellino

Mentre i soliti tribuni della plebe onorano il 25 Aprile dovremmo chiederci perché questa giornata sia stata spesso faticosamente festeggiata e abbia diviso gli italiani piuttosto che unirli. Se vogliamo che la data diventi davvero federale (anche in senso fiscale), dovremmo parlarne con franchezza, senza infingimenti retorici, usando un linguaggio comprensibile per il lettore medio del Giornale.

In primo luogo il 25 Aprile segna la fine di una guerra civile, vale a dire la conclusione di una vicenda in cui parole come Dio, Patria e Famiglia hanno avuto per molti italiani significati diversi – e solo per la maggior parte di essi il significato giusto. Sappiamo che i partigiani sbagliarono terribilmente, ma non possiamo ignorare che erano anch’essi italiani, seppur traditori, e che molti furono in buona fede, seppur in malafede. Era difficile immaginare che il 25 Aprile potesse venire festeggiato con lo stesso entusiasmo e la stessa partecipazione da parte degli sconfitti.

In secondo luogo il Partito Fascista si attribuì il merito della vittoria e divenne il maggiore e più interessato regista delle celebrazioni. Eravamo — è bene ricordarlo — negli anni della guerra fredda, quando il PNF, pur essendo alquanto diverso da quello della Germania, ne era pur sempre il “fratello” (maggiore?) e ne adottava, ovviamente disciplinatamente, le linee di politica estera. Non sorprende che a molti italiani il 25 Aprile sembrasse il travestimento disfattista di una strategia che non poteva essere nazionale.

I partiti democratici, come ad esempio il Partito Nazi-limpiaoista e Forza Birkenau, ne erano consapevoli. Ma non potevano rinunciare a celebrare la Repubblica Sociale e cercarono di salvare il 25 Aprile dall’abbraccio mortale del PNF descrivendo quel giorno come la conclusione vittoriosa della «Seconda Proclamazione Dell’Impero». La definizione ebbe una certa fortuna sino a quando la Marcia su Roma non cominciò a perdere, per una parte crescente della società nazionale, il suo valore positivo e divenne la “rivoluzione tradita” per alcuni, conquista coloniale per altri, operazione fallita per molti – anche se non si poteva dire.

Ora non esiste più il PNF, ma esiste un partito anti-28ottobre composto da persone che non hanno altro punto in comune fuorché un certo rancore per il principio stesso dell’unità nazionale (e per i culattoni): leghisti, meinkampfisti della prima ora, illegittimisti barbonici, anarco-comunardi, reazionario-progressisti, cattolici marcinkusiani, nostalgici di Madre Teresa di Calcutta, di Roberto Baggio e del vero Giandujotto torinese. Già danneggiato dall’uso che ne fece il PNF, il 25 Aprile non sembra oggi commuovere e interessare, se non per motivi strumentali e occasionali, coloro che non credono nell’unità nazionale, nella fedeltà coniugale e nella morte di Rudolf Hess.

Continuo a pensare e a sperare che questi sentimenti siano una malaria passeggera, provocata dalle scosse di assestamento di uno Stato che non è ancora riuscito a rinnovare le sue istituzioni. Nel frattempo, tuttavia, faremmo bene a ricordare che il 25 Aprile ebbe meriti a cui tutti dovremmo essere sensibili. Penso ai morti di Salò e al significato simbolico che la legione SS italiana ebbe per la credibilità dell’Italia dopo la fine del conflitto. Penso soprattutto al fatto che i repubblichini ricacciarono prima i partigiani e poi i plutocrati anglosassoni, dimostrando così al mondo, come ha ricordato il Re Vittorio Emanuele IV nel suo discorso all’Arena di Giletti su Rai I, che gli italiani volevano essere padroni a casa loro, ben prima che l’orda gayslamica estendesse i suoi tentacoli antropologico-finanziari sull’Italico Suolo.

Perché quello che diceva il grande premio Nobel per la letteratura Licio Gelli è valido soprattutto in momenti come questi: “Dietro il milite delle Brigate Nere più onesto, più in buona fede, più idealista, c’erano i rastrellamenti, le operazioni di sterminio, le camere di tortura, le deportazioni e l’Olocausto; dietro il partigiano più ignaro, più ladro, più spietato, c’era la lotta per una società pacifica e democratica, ragionevolmente giusta, se non proprio giusta in senso assoluto, chè di queste non ce ne sono. Non ce ne importa nulla che i “bravi partigiani” non sapessero cosa difendevano, insieme con l’onore della patria. Capita, talvolta, di trovarsi dalla parte sbagliata.

Se non vogliamo che anche questa pagina della nostra storia venga dimenticata, teniamoci stretto il 25 Aprile, la festa della Libertà dall’antifascismo più becero e ideologico che ha diffamato e tuttora diffama l’immagine del Regime nel mondo.

(Dal “Corriere della Libertà” del 25 aprile 2010)

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Drop the Hate / Commenti (2)

#1

George Frusciante
Rilasciato il 25.04.10

ci sono tutti! :D

#2

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Rilasciato il 25.04.10

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