Il Pallone Di Ferro

Pubblicato da Tamas il 3.12.2010

Un secolo fa, quando si poteva parlare di lotta di classe come di un evento futuro dall’esito ancora in bilico, Jack London immaginava nel suo Tallone di Ferro che avrebbe fatto parte della strategia dell’Oligarchia per sconfiggere il popolo anche l’asservimento dei sindacati privilegiati, con la creazione di un’aristocrazia operaia determinata a ricacciare indietro l’impeto dei propri simili. L’eroe del libro, Ernest Everhard, descrive con chiarezza il senso e lo status di queste aristocrazie, e l’attrattiva che inevitabilmente assumeranno agli occhi dei lavoratori:

Ai sindacati privilegiati appartengono i migliori lavoratori americani. Sono uomini forti, efficienti. (…) Ogni operaio qualificato degli Stati Uniti sarà dominato dalla ambizione di far parte di un sindacato privilegiato. L’Oligarchia incoraggerà questa ambizione e le rivalità che ne nasceranno. Così questi uomini forti che avrebbero potuto essere dei rivoluzionari saranno tolti di mezzo e la loro forza diverrà uno strumento al servizio dell’Oligarchia1.

Mi è venuta in mente in questi giorni l’opera dello scrittore statunitense (d’altra parte passato lui stesso dal Socialist Party a posizioni reazionarie per necessità di denaro e per rancore) mentre leggevo del progettato sciopero dei calciatori italiani, e precisamente quando sono venuto a conoscenza della nascita di un sindacato dei calciatori alternativo alla vecchia Aic di Campana.

Questo nuovo sindacato, con buona pace di Nelson Mandela, si chiama Anc: esso ha già chiarito le proprie posizioni progressiste chiamando a far parte del Consiglio direttivo Vittorio Feltri, e soprattutto stabilendo che possono far parte dell’Anc solo calciatori che militino o abbiano militato nella Serie A italiana o nelle prime divisioni straniere.

Non voglio certo paragonare l’Anc alle aristocrazie operaie di London, se non altro perché non credo che possa essere “aristocratica” un’associazione di settore cui appartengono Guana e Biondini: credo però che, a questo proposito, l’Anc potrà rivelare presto la propria reale  natura. Tra una decina di giorni, l’11/12 dicembre, avrà luogo la protesta dei calciatori della massima serie, impropriamente definita “sciopero” e causata dall’impossibilità di raggiungere un accordo con la Lega di Serie A sul rinnovo del contratto collettivo; in particolare, l’Associazione calciatori non accetta discussioni su due punti, ossia il trasferimento senza consenso del giocatore e l’allenamento a parte degli atleti fuori rosa.

La proclamazione dello sciopero ha scatenato nella stampa una campagna dai toni apertamente populisti. Prendiamo Enzo Bucchioni, dal vecchio bastione conservatore del “Resto del Carlino”:

Lo sciopero dei calciatori è qualcosa che ripugna, incredibile e incomprensibile al tempo stesso. Ma se vogliono scioperare facciano pure: si vive bene anche senza pallone. (…) La gente è stanca di ragazzi viziati attenti ai diritti e poco ai doveri, sempre sopra le righe, con le tasche piene di soldi, Ferrari nei garages e fidanzate in tutte le discoteche. (…) Il contratto è un assurdo che la Lega a questo punto potrebbe e dovrebbe rigettare in toto. E una giornata di sciopero non può e non deve preoccupare nessuno. Anzi. «Faccino, faccino» come direbbe qualcuno di loro. E vadano a rileggersi cosa accadde dieci anni fa in Nba. Dopo una serrata di tre mesi i cestisti capirono. La Lega prenda esempio: è l’ora del pugno duro con chi dimentica di essere un privilegiato2.

In questo clima squisitamente novecentesco di scioperi annunciati e tirate reazionarie, “i padroni” potrebbero rispondere allo sciopero schierando in campo le squadre Primavera: se a quel punto l’Anc decidesse di disertare le barricate e di mandare in campo i propri affiliati, questo potrebbe significare il fallimento della protesta e la sconfitta definitiva dell’Aic e delle sue pretese contrattuali.

Il che, ovviamente, sarebbe un problema minore in un Paese come il nostro che ha ben altre gatte da pelare. Tuttavia, sarà che anche io sono di formazione novecentesca e che il Tallone di Ferro l’ho letto da ragazzino, la divisione e la disfatta di un’intera categoria lavorativa non è una prospettiva cui guardo con piacere.

I membri dei sindacati privilegiati divennero l’aristocrazia del lavoro. Essi erano tenuti divisi dal resto dei lavoratori; avevano alloggi migliori, scarpe più buone, erano trattati meglio e meglio nutriti. E parteciparono, con spirito di vendetta, alla spartizione di questi benefici.
Contemporaneamente il resto della classe operaia fu trattata con maggiore durezza3.

  1. J. LONDON, Il tallone di ferro, ed. it. Roma 1982, p. 173. []
  2. Dal Resto del Carlino di mercoledì 1 dicembre 2010. []
  3. Sempre Il tallone di ferro, p. 178. []

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