Know Your Voter

Pubblicato da Blicero il 7.04.2008

Tempo di elezioni. Le città si riempiono dei volti della politica; in televisione si sgomita per propinare le proprie cazzate; le facce dei candidati vengono esposte al pubblico ludibrio, gran caravanserraglio elettorale: è inevitabile rimanere impassibili, di fronte a certe cose. L’essenza della campagna elettorale si riduce alla conoscibilità del candidato, dell’uomo politico: il cittadino lo vota perchè sa (o dovrebbe sapere, ma questa è un’altra storia) chi è, conosce le sue abitudini, condivide certi comportamenti, appoggia il suo pensiero – con rispetto parlando – politico. Ma siamo sicuri che sia proprio così?

Dimmi chi voti, ti dirò chi sei

Negli Stati Uniti, ad esempio, da un pò di tempo le campagne girano all’incontrario: è il candidato che conosce per filo e per segno il suo elettore – e non solo il suo. La pratica è relativamente moderna; il 1960 segnò lo spartiacque. J.F. Kennedy nella corsa alla presidenza era praticamente uno sconosciuto, oscurato dai pezzi da novanta del partito democratico. Per vincere, servivano strategie innovative. Mesi prima delle primarie, così, gli uomini di Kennedy si organizzarono in distretti locali, con il preciso obiettivo di schedare il bacino elettorale degli altri candidati, per conoscere il loro pensiero, le loro abitudini, le loro esigenze. Alla fine, sappiamo tutti com’è andata a finire.

Da un paio di anni a questa parte, dietro le quinte di Washington D.C. opera una società all’apparenza molto discreta e riservata: la Aristotle Inc., fondata da John Aristotle Phillips. Il loro obiettivo? “Aiutare a gestire una campagna elettorale come un perfetto business”. Non è poi così difficile, quando si dispongono dei dati personali di 175 milioni di elettori, raccolti minuziosamente per anni e anni in ogni anfratto (anche il più remoto) della vita privata, pubblica e digitale: carte di credito, pubblicità, sottoscrizioni online, social networking, petizioni e via discorrendo. In pratica, Aristotle è la lista per eccellenza, ambita ed agognata da ogni potenziale candidato, a tutti i livelli.

In un articolo apparso sull’edizione americana di Vanity Fair, Phillips mostra al giornalista come effettivamente funziona Aristotle: con un paio di click, la società è in grado di fornire il numero di telefono, l’indirizzo e altri dati di uno Smith qualsiasi; con altre due cliccate, può arrivare a sapere se questi ha donato soldi ad un partito, le sue idee politiche e, approssimativamente, il suo salario. Ma il pezzo forte arriva quando Phillips fa apparire sullo schermo del suo laptop una sorta di ragnatela che parte dal nostro Smith per arrivare ad ogni individuo potenzialmente collegato a questo elettore, naturalmente anch’esso schedato – un groviglio di voti, un serbatoio di consenso, un mare magnum di istanze politiche che grazie a questa straordinaria tecnologia possono essere opportunamente piegate ed utilizzate a vantaggio del cliente di Aristotle.

La segmentazione rende liberi

Secondo Kevin Shelley (ex segretario di stato della California) “se gli americani avessero la minima idea di quanto delle loro vite private è in circolazione, ci sarebbe la rivoluzione”. Effettivamente, un programma come Aristotle può insinuarsi in ogni angolo della propria vita, anche nei più riservati e reconditi. Il problema che si pone, dunque, è quello legato al consenso e al trattamento dei propri dati personali: fino a che punto può spingersi la loro utilizzazione? E’ lampante che ormai le campagne si fanno esclusivamente sulle informazioni (esistono forse programmi, al giorno d’oggi?), e che la raccolta, preferibilmente sempre più massiccia, di queste è vitale per chiunque abbia intenzione di ricoprire una carica pubblica.

La tecnologia sviluppata da società come Aristotle sta contribuendo a modificare profondamente il modo di pianificare una campagna elettorale, e di converso la strategia politica da adottare globalmente o di volta in volta. E’ il fenomeno della micro-selezione dell’elettorato: i gruppi dietro al candidato si concentrano esclusivamente su un segmento della popolazione, basandondosi in larghissima parte sulle richieste (sia esplicite che, soprattutto, implicite) di quest’ultimo. In pratica, è la fossilizzazione delle tendenze contemporanee della politica: una guerra tra bande organizzate, che rispondono (e neanche tanto) ad elementi selezionati con scientifica precisione.

Massimo Fini tempo fa ha detto che la democrazia è “un modo per metterlo nel culo alla gente col suo consenso”. Si sbagliava: ora (finalmente?) non serve nemmeno più quello. Serve solo un culo.

Condividi

Drop the Hate / Commenti (0)

NEIN!
Nessun commento, per ora. Si può provvedere subito qui sotto.

Fomenta la discussione

Tag permesse: <a href="" title=""> <abbr title=""> <acronym title=""> <b> <blockquote cite=""> <cite> <code> <del datetime=""> <em> <i> <q cite=""> <s> <strike> <strong>