Le Lucciole Non Ci Illumineranno Più

Pubblicato da Blicero il 9.10.2009

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III – Omissis

Non sono passate neanche due ore dalla strage quando il sibilo pressurizzato dei getti d’acqua delle autopompe rompe la stasi che aleggia cupa sulla piazza. Di già? Sì, ordine del vicequestore. Un ordine affrettato, decisamente affrettato, ma non imperito. I magistrati devono ancora arrivare per fare il primo sopralluogo e l’acqua dei vigili del fuoco ha già sgombrato il teatro della strage, liquidando e disperdendo indizi, reperti essenziali e tracce di esplosivo. Chiamateli come volete: depistaggi, inquinamenti, complotti, cospirazioni, servizi deviati, misteri. La terminologia è flessibile, ma riesce comunque a contestualizzare la varietà delle tecniche utilizzate per frapporre un muro insormontabile tra la ricerca della verità ed il suo raggiungimento.

La presenza costante di reti clandestine attive dall’esplodere delle tensioni sociali alla fine degli anni ’60 è ormai un fatto assodato. I loro punti di riferimento stazionavano in diversi apparati dello Stato: Ufficio affari riservati del Ministero dell’Interno, servizio militare di sicurezza, vertici delle forze armate. Un fitto reticolato di contatti e collusioni, un congegno differenziato con compiti di copertura/occultamento/perseguimento degli obiettivi di una strategia che ha come fulcro la stabilizzazione della destabilizzazione operata da altri – in definitiva, un sistema di protezione di quel Potere che stava subendo dall’interno un profondo mutamento. La strage di piazza della Loggia non fa eccezione. Oltre al lavaggio delle prove, altri episodi non possono che destare perplessità e sollevare inquietanti interrogativi. Uno di questi è la misteriosa scomparsa dell’insieme dei reperti prelevati in ospedale dai corpi dei feriti e dei cadaveri, altro imprevisto ostacolo per le indagini – indagini stesse il cui corso, peraltro, era stato bruscamente deviato senza un’apparente logicità.

Traccia i collegamenti, tieni a mente le circostanze, deframmenta i pezzi, uniscili, rendi coerente l’intero quadro. Movimento di Azione Rivoluzionaria, Avanguardia Nazionale, Ordine Nuovo: gruppi estremisti di estrazione diversa, differente organizzazione e progetti solo in parte convergenti. Ma coordinati nelle loro operazioni, ora. Non è possibile individuare il momento preciso in cui le diverse correnti nere si sono saldate (o sono state fatte saldare): si è trattato più di una fattispecie a formazione progressiva, un’evoluzione eterodiretta, calata in una cornice unitaria predisposta a dovere.

Nella notte tra il 18 ed il 19 maggio 1974, a piazza Mercato, Brescia, un altro botto fa tremare i vetri. È appena saltato in aria Silvio Ferrari, giovane neofascista, gli incerti fili della sua vita recisi dal tritolo che trasportava sotto la sella della sua Vespa. Era uno degli anelli di collegamento dell’asse fascista Milano-Brescia. Una settimana dopo, piazza della Loggia, ovvero il culmine dell’escalation eversiva. Il sangue sparso dalla strage comincia a muoversi randagio tra trame che travalicano i confini cittadini, allargano le prospettive, estendono l’orizzonte.

I magistrati seguono il filone milanese sui Mar di Carlo Fumagalli, ma il capitano Francesco Delfino inspiegabilmente indirizza l’indagine verso lo sgangherato ed eterogeneo gruppo bresciano, composto da balordi, sottoproletari e neofascisti della Brescia bene. Alla giustizia viene affidato Ermanno Buzzi, (esponente di An nonché mercante d’arte, condannato in primo grado nel 1979), su indicazione di Ugo Bonati, altro membro della banda. Andranno fuori di scena entrambi: il primo nel 1981 nel carcere di Novara, strangolato con le stringhe delle scarpe dai camerati Pier Luigi Concutelli e Mario Tuti; il secondo semplicemente scomparso e mai più ritrovato – una sorta di lupara nera.

Lo sviamento sortisce un duplice risultato: l’inchiesta su piazza della Loggia procede inizialmente verso una direzione infruttuosa, mentre quella sui Mar non raggiunge il grado di approfondimento che avrebbe potuto disvelare il contesto in cui si inseriva la strage bresciana.

Rintraccia, collega, incastra.

29 settembre 1994. “Non so il nome, ma so per certo che un ufficiale dei Carabinieri a cognome Delfino, appartenente a una Loggia massonica, era legato ad Avanguardia Nazionale”. Il giudice di Milano Guido Salvini raccoglie a verbale le dichiarazioni di Carmine Dominici, ferroviere, ’ndranghetaro politicizzato, neofascista di Avanguardia Nazionale. “Era considerato ‘dei nostri’. Specifico che con la parola “nostri” indicavamo coloro che anche operativamente operavano con Avanguardia…”

Esplora, riunisci, sintetizza.

Sgroviglia la matassa.

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IV – Inspirare

La tragedia fonda la sua potenza espressiva sulla ripetizione: Edipo si acceca ogni volta, Medea uccide eternamente i suoi figli, Ifigenia viene sacrificata per i secoli dei secoli.

Anche la strategia della tensione si fonda sulla ripetizione: la distruzione operata a piazza Fontana si può rivedere anche nella bomba lanciata sulla Questura di Milano, il rimbombo della Questura si può udire anche a piazza della Loggia, le schegge impazzite di piazza della Loggia arrivano all’interno del treno Italicus, e così via.

A distanza di anni e anni non siamo ancora capaci di confrontarci con il terrore, con l’orrore. La memoria, piano piano, si ritira nei suoi luoghi più sotterranei e diventa oblio. Il nostro sguardo è fuori asse, sfocato, la violenza è anestetizzata, il nemico è eclissato, le voci sono soffocate, proibite. Ci guardiamo allo specchio e proviamo disperatamente ad analizzare il nostro vero volto, coglierne tutte le sue sfumature, ma non riusciamo a toglierci quella dannata maschera che sembra esserci incollata addosso, inamovibile. Il nucleo più incontaminato della nostra essenza ci sfugge tra le mani. Neghiamo la tragedia – o peggio, la rimuoviamo.

Questa tendenza deleteria si può scorgere nella letteratura italiana più recente e, soprattutto, nel dibattito pubblico. Qualche tempo fa Pigi Battista vergava sul Corriere della Sera un editoriale di fuoco contro chiunque (giornalisti, storici, studiosi, scrittori) avesse avuto la sventurata idea di servirsi della formula del “doppio Stato” per cercare di rischiarare alcuni punti oscuri della storia contemporanea. La teoria, secondo Battista, vede la storia d’Italia attraverso due lenti: la prima, quella dell’ufficialità e formalità democratica; la seconda, occulta e criminale. Ci troviamo quindi di fronte ad una “misteriologia superstiziosa”, ad un “racconto cospirazionista”, una volgare “dietrologia” – spazzatura, bassi reflui ideologici di qualcosa che non merita di essere ulteriormente approfondito, analizzato, dibattuto.

Il focus di Battista, e di quelli come lui, è profondamente errato: prende in considerazione le lenti, ma ignora completamente l’intera montatura. E la montatura è formata da quell’organizzazione liquida e multiforme, da quell’infrastruttura umana, politica, istituzionale ed extra-istituzionale che ha ideato, realizzato e permesso quegli stessi avvenimenti che ora si vogliono confinare in una sorta di limbo, sospeso tra la nostalgia dei protagonisti di allora, la tentazione revisionista che agita chi perse quella guerra e la totale disinformazione/ignoranza in cui si è piombati nel presente.

La montatura, alla fine, è sinonimo di Storia. La Storia di un duplice fallimento, quello della Rivoluzione e quello dell’Ordine. Una storia infinitamente complessa e sfaccettata, in cui confluiscono prepotentemente i grandi Eventi (le stragi), a loro volta formati da una miriade di piccoli eventi, talvolta così minuti da essere impercettibili, che un moto di aggregazione attrae verso un centro oscuro, pulsante, dentro un campo magnetico in cui acquistano forma. E rimangono, una volta compiuti, indelebili, scolpiti, immutabili, le parti nel tutto ed il tutto nelle parti: la violenza, il potere, l’inquinamento, la sconfitta, la prostrazione.

Piazza della Loggia, piazza della Loggia, piazza della Loggia, in fondo ci siamo stati tutti.

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Drop the Hate / Commenti (2)

#1

bea
Rilasciato il 09.10.09

TL;DR

#2

rip
Rilasciato il 28.05.11

Complimenti per la citazione di pasolini

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