Xarabas Si È Fermato Nel Kentucky

Pubblicato da Blicero il 30.10.2010

Esistono tre cose certe nella vita: le tasse, la morte e gli zombi.

Sin dalla loro prima apparizione nel film “L’isola degli zombi” (con Bela Lugosi) del 1932, i morti viventi sono stati una presenza costante in tutti i campi dell’arte e della fiction, e il genere sembra davvero non finire mai di regalare nuovi spunti. La filmografia è sconfinata: la saga di George Romero (che parte dal 1968 con “La notte dei morti viventi”), “Zombi 2” di Lucio Fulci e “Incubo sulla città contaminata” di Umberto Lenzi per rimanere in ambito italiano, “28 giorni dopo” di Danny Boyle e il sequel “28 settimane dopo”, il francese “La Horde”, le parodie comiche “L’alba dei morti dementi”, “Zombieland”, e moltissimi altri ancora.

Una (seconda) seconda vita gli zombi l’hanno vissuta con i videogiochi: “Alone in the Dark”, “Resident Evil”, “Silent Hill”, “Left 4 Dead” e un numero non quantificabile di giochi per l’iPhone. Max Brooks, il figlio di Mel Brooks, ha scritto due libri su di loro, “Manuale per sopravvivere agli zombi” e il capolavoro “World War Z. La guerra mondiale degli zombi”. L’autore americano Seth Grahame-Smith nel 2009 ha fatto un mashup tra Jane Austen e gli zombi, intitolato “Orgoglio e pregiudizio e zombi”. Dylan Dog li ha portati di peso nel fumetto generalista italiano, e gli autori americani Robert Kirkman e Tony Moore ne hanno fatto un fumetto seriale intelligente e fortunato, “The Walking Dead”.

Nel 2008 la BBC aveva trasmesso una miniserie di 5 puntate, “Dead set” e questo 31 ottobre gli zombie deambuleranno sui canali dell’emittente americana Amc (il 1 novembre su quelli italiani di Fox, Sky), dove verrà trasmesso “The Walking Dead”, serie basata appunto sull’omonimo fumetto – anche se, in realtà, il pilot di 90 minuti è già debuttato online una settimana fa sui torrent di tutto il mondo1.

Non c’è più posto sulla terra

“Lo sai qual è la differenza tra gli uomini e le donne? Non ho mai conosciuto una donna che sapesse spegnere le luci”. Rick Grimes, sceriffo della piccola contea di Cynthiana (Kentucky), sta parlando con il suo partner Shane quando una chiamata dalla centrale segnala un’auto in fuga, guidata da persone armate e pericolose. Sirene spiegate, fucili carichi, tensione, macchine ribaltate, e sparatoria: Rick rimane ferito gravemente da un bandito ed entra in coma.

Al suo risveglio i fiori nel vaso sul comodino sono appassiti, e non c’è nessuno intorno a lui. Con un chiarissimo riferimento alle scene iniziali di “28 giorni dopo” il protagonista incomincia a camminare per l’ospedale, fasciato e in vestaglia, e si accorge subito che dev’essere successo qualcosa di terrificante. Sangue, corpi smembrati, interi reparti sprangati in cui non si può entrare, strani rumori e sinistri lamenti & mugugni. Una volta uscito alla luce del sole, Grimes si rende conto che la città è caduta in mano agli zombi, le care vecchie creature claudicanti, lentissime se prese singolarmente e letali in gruppo, alla ricerca costante di cibo, loro unica ragione di non-vita. La moglie e il figlio, ovviamente, sono scomparsi.

L’episodio, diretto da un regista d’eccezione come Frank Darabont (“Le ali della libertà”, “Il miglio verde”), ha un taglio decisamente cinematografico e al contempo realistico nel ritrarre la devastazione e la lotta per la sopravvivenza di chi è scampato all’apocalisse. La serie si discosta acutamente dai cliché del genere (pur utilizzandoli) sin dalle primisse scene: Rick Grimes, con la sua macchina di servizio, si ferma ad una pompa di benzina per fare rifornimento, trovandola ovviamente a secco – neanche fossimo nella Francia delle ultime settimana. A quel punto la telecamera indugia sulla mano di una bambina che raccoglie un peluche da terra, trascinandolo per terra mentre cammina. “Piccola?” la chiama con voce gentile Grimes. E quella che in un primo momento sembra un indifeso essere umano si rileva invece l’ennesimo zombie, e lo sceriffo non può far altro che piazzarle una pallottola in mezzo alla testa per salvarsi dall’aggressione.

Nonostante l’ampio respiro tematico, in “The Walking Dead” la differenza la fanno quei piccoli momenti in cui lo spettro dei sentimenti oscilla tra la grandiosità di un gesto di bontà e la crudeltà indotta dalle circostanze ambientali estreme e sovrannaturali, uniti agli scampoli di umanità che si intravedono nei morti viventi – o che gli umani semplicemente credono di vedere in loro. In una scena, ad esempio, lo sceriffo trova per terra uno zombi orribilmente squartato e senza gambe, in pratica una cassa toracica en plein air a cui sono attaccate due braccia e una testa sconquassata. Una carcassa, insomma, visibilmente “sofferente”. Grimes sa che se mettesse una gamba vicino alla bocca dello zombi probabilmente questo lo attaccherebbe comunque; e nonostante questo si avvicina comunque a lui, si inginocchia, gli dice “Mi dispiace che ti sia accaduto questo” e lo esegue – una splendida rappresentazione di eutanasia post-mortem.

La cosa migliore di questo pilot, non presente nel fumetto, è comunque la straziante decisione che un personaggio incontrato da Grimes si trova a dover prendere. Il sopravvissuto è rimasto in città con il figlio adolescente, ed entrambi hanno visto la loro moglie/madre andarsene, morsa da un non-morto. Lei (o quello che ne rimane) continua tuttavia a restare nei paraggi della casa in cui sono asserragliati, cercando di entrare dentro quasi ogni notte. La situazione è insostenibile: entrambi sanno che quella che intravedono nello spioncino della porta o scostando i panni che coprono le finestre non è più un membro umano della famiglia; eppure, quasi incapaci di spezzare quel circolo vizioso di autolesionismo collegato ad un passato perduto in cui tutto era normale, continuano a rimanere in quella casa.

Dopo aver fatto incetta di armi con Grimes nella stazione di polizia, il padre torna nella casa con il figlio, sale le scale, appoggia il fucile di precisione su una sedia e incomincia a sparare ai pochi zombi che caracollano per strada. Notoriamente attirati dal rumore, in poco tempo i morti viventi riempiono la strada – inclusa, ad un certo punto, la moglie. E con lo sguardo imbambolato dell’ex amata in primo piano nel mirino di precisione e il dito tremante pronto a premere il grilletto, il padre indugia, indugia, e ancora indugia, scoppia in lacrime, e non riesce a colpire “a morte” il deturpato avatar fisico della moglie…Perché in un mondo in cui il confine tra la vita e la morte è pressoché inesistente, conservare le vestigia e i simulacri di un’esistenza passata è l’unico modo di ricordare ed onorare il significato del termine “vita”.

In un’intervista, Max Brooks disse:

Scrivo di zombi perché, semplicemente, mi fanno cagare sotto. È la loro natura virale, la loro completa mancanza di intelligenza. Sono come una malattia: nessuna razionalità, nessun compromesso, nessuna negoziazione, solamente il puro istinto di consumare e moltiplicarsi.

In “The Walking Dead” si vedrà2 come questa definizione si può tranquillamente applicare anche ad altre creature: gli esseri umani.

  1. Non è ovviamente la prima volta che succede. Nel 2007, un dirigente della Warner Bros ha ammesso di aver “leakato” (cioè aver messo online senza autorizzazione), il primo episodio di “Pushing Daisies” con l’intento di “aiutare la causa”. L’Amc, ad ogni modo non ha rilasciato alcuna dichiarazione in merito al leak, e di sicuro questa pubblicità gratuita non ha dato più di tanto fastidio. []
  2. Almeno stando al fumetto, se rimane la base delle sceneggiature. []

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