L’Arte della Divaricazione

Pubblicato da Blicero il 8.04.2008

Prendiamo, ad esempio, l’opus magnum “Anal Beat“. Versi come “entra e mi fa male / è uno shock intestinale / mi abbandono ad un ritmo ancestrale” suggeriscono veementemente il misticismo della penetrazione anale, ma al contempo le sottraggono quell’aurea di indicibilità, rimuovono quella violenta misinterpretazione di cui è sempre stata oggetto. La sofferta “Bukkake”, da parte sua, restituisce appunto alla pratica del bukkake, definita magistralmente “un arte che piove” le sue nobili origini, degradate da anni di calunnie e disinformazione.

Fondamentale è invece l’arrembante “Fist Fucking, ovvero, il sottile e ambiguo fascino del tuo pugno nel mio culo”, in cui l’effetto straniante proprio delle canzoni del Divo raggiunge qui la sua massima intensità. Il crescendo anatomico lamentanto nel brano (“la mano non mi basta / voglio di più” etc.) cristallizza elegantemente un’altra massima immanueliana, ovvero: “Non prendermi sul serio. Preferisco prenderlo sul serio“. Massima ribadita con grande coraggio e, oseremo dire, con somma dignità in un altra traccia, intitolata appositamente “Il coraggio dell’analità”. Ed in molte altre ancora, quali ad esempio “Bondage” e “Coiti nel buio“.

Divaricare l’opinione pubblica

Immanuel Casto non si trova nei negozietti di musica, nè (per ora?) in quelli digitali. Il mainstream è aborrito, tutto si fa alla luce del sole, su Internet. Il Divo è un figlio di Internet, come tutti noi, e forse è questa l’unica cosa che ci accomuna, o che quantomeno ci fa arrivare più vicini a lui. La scelta è lucidissima, coraggiosa, un’inno all’indipendenza: “Non voglio entrare nel music business. Non nella misura in cui esso possa interferire con le mie scelte artistiche, il che equivale a non aver possibilità alcuna o quasi”. Altro che Radiohead e Trent Reznor, per anni commensali delle major discografiche, salvo poi, improvvisamente, rimanere fulminati sulla via del commercio in rete; eh no, troppo facile così, signori miei.

Il rapporto che il Principe del Porn Groove ha con il suo pubblico è qualcosa di raro. Rara avis, direbbero i latini. Fuori dal comune. Le sue apparizione pubbliche, di solito vere e proprie epifanie, sono centellinate al massimo: ma non per snobismo. No, tutt’altro. Come da lui stesso proclamato, infatti, si cerca di evitare tutti quei luoghi in cui non vi sono “le caratteristiche idonee” per potersi esprimere. Nonostante questa rigida ratio, il seguito di cui gode il Vate rasenta il culto; tant’è vero che esistono persino degli adepti, con tutto quello che ne consegue. Fama e gloria, certo. Dipendenza, forse. Tuttavia, non solo questo.

Non è facile, infatti, rimanere trincerati dietro la maschera del Divo, sopportare per intero il gravoso peso della finzione: “Sento che potrei smettere di essere Immanuel in qualsiasi momento. Lo sforzo continuo di non far crollare l’artificio, la voglia di lasciar scorrere le cose, senza sforzo né violenza, per un attimo.”

Purtroppo o perfortuna, ciò non è possibile. L’opera definitiva e necessaria che dev’essere compiuta dall’artista è quella di divaricare l’opinione pubblica e – che ci si creda o meno – è un compito che va preso dannatamente sul serio. O che va preso e basta, quantomeno.

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Drop the Hate / Commenti (2)

#1

fede
Rilasciato il 15.04.08

uaaau!! e io dov’ero, nel frattempo!?

#2

AkillerDee
Rilasciato il 20.04.08

Quando vuoi sul mio sito gli dedichiamo un articolo a quattro mani…musicalmente merita.Il Casto Divo è glamour,molto glamour e pure troppo…

Non ti negherò il mio deretano,te lo consegnerò chiavi in mano…

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