Dubya.

Pubblicato da Blicero il 27.09.2009

W.

I sondaggi indicano che Nixon otterrà una larga maggioranza del Voto Giovane. E che potrebbe vincere in tutti i 50 stati…Questo sarà l’anno in cui finalmente ci confronteremo con noi stessi, faccia a faccia; ora rilassati e dillo – siamo solamente una nazione di 220 milioni di venditori di macchine usate con tutti i soldi necessari per comprare armi, e senza scrupoli nell’uccidere chiunque nel mondo cerchi di disturbarci. […] Cristo! Finirà mai? Quanto in basso devi arrivare in questo paese per diventare Presidente? (Hunter S. Thompson)

L’11 settembre di quest’anno La7 ha trasmesso la penultima fatica di Oliver Stone, “W.“, biopic sui disastri di George W. Bush, uno dei peggiori, se non il peggiore, Presidente USA della storia. Diciamolo subito: il film è brutto – e non so se lo sia volontariamente, per adeguare il livello della pellicola al soggetto-oggetto Bush.

Girato con l’ormai abusato taglio del Documentario Che Non Lo È, Vedi?, Questo È Un Film Ma È Girato Come Un Documentario, Oh, Oh, “W.” non solo è tecnicamente pessimo ma è assolutamente pretestuoso nei suoi intenti stilistici, scenici e “satirici”. Per tutto il film ho avuto la netta sensazione che Oliver Stone fosse dietro di me, il fiato sul mio collo, ad indicarmi il Grande Dettaglio D’Autore in ogni singola scena. E ho avuto pure il sospetto che avesse i pantaloni slacciati e che ogni tanto si toccasse compiaciuto, specialmente nei momenti di lotta tra George “Poppy” senior (James Cromwell) e George junior (un discreto Josh Brolin) – e quella sera non avevo neanche bevuto i miei soliti dodici white russian per andare a letto tranquillo.

Tutto il mondo si è accorto subito di chi fosse Bush: un cretino matricolato incapace di stare al mondo, ex alcolizzato uscito miracolosamente dalla dipendenza del bere per tuffarsi nella dipendenza della Fede ultracattolica1, un burattino nelle mani del complesso industriale-militare2 che ha infestato sin dall’inizio la sua amministrazione, esautorando de facto il potere dell’Esecutivo e del Legislativo. In poche parole: la percezione fisica e tangibile del significato dei concetti di “inettitudine”, “manipolabilità” e “inconsapevolezza”. Molto peggio di Nixon o Reagan, che rappresentavano sì il Male metafisico, ma almeno avevano le palle di essere puramente e totalmente malvagi in pubblico, senza riserve e soprattutto senza tutta quella menata del “conservatorismo compassionevole” o altre amenità del genere.

Il ritratto che ne ha fatto Stone ha portato alcuni commentatori a definire il Bush sul grande schermo “un uomo ordinario in una situazione straordinaria” – una parafrasi molto educata per dire “un coglione totale”. D’accordo, grazie, ma lo sapevamo già: si è visto ogni giorno in televisione, per otto lunghissimi anni. Invece di puntare su una commedia nera o su una satira sulfurea, Stone ha fatto un film che trasuda supponenza da ogni inquadratura. Ed è quella supponenza molto liberal-fighetta che aspira a capire le “ragioni profonde del malessere” ed i “problemi reconditi” dell’odiato nemico, che pensa di calarsi nei panni dell’avversario per analizzarlo e comprenderlo meglio, mentre in realtà lo fa solo per il disperato bisogno di sentirsi Superiore – un atteggiamento che Calvino ha spiegato lucidamente in La giornata d’uno scrutatore:

[Amerigo Ormea (protagonista del romanzo), nda] si buttava allora coi suoi pensieri nella direzione d’un possibilismo tanto agile da permettergli di vedere con gli occhi stessi dell’avversario le cose che dianzi l’avevano sdegnato, per poi ritornare a sperimentare con più freddezza le ragioni della sua critica e tentare un giudizio finalmente sereno. Anche qui agiva in lui – più che uno spirito di tolleranza e adesione verso il prossimo – il bisogno di sentirsi superiore, capace di pensare tutto il pensabile, anche i pensieri degli avversari, capace di comporre la sintesi, di scorgere dovunque i disegni della Storia, come dovrebb’essere prerogativa del vero spirito liberale.

Ora, che bisogno c’era di fare un film del genere? Non era meglio aspettare un paio d’anni, attendere la sedimentazione/elaborazione/consolidamento della figura di Bush nella coscienza collettiva/individuale e ponderare in profondità le conseguenze a lungo termine della scelleratezza guerrafondaia? Evidentemente per Stone no, che ha girato il tutto in poche settimane3 raffazzonando e assemblando i frammenti di una vita pubblica e privata, collocandoli lungo un piano temporale e logico scomposto, spezzettato e incoerente.

Eppure sarebbe bastato inserire una semplice scena, in un qualsiasi momento del film, che avrebbe fatto gridare al capolavoro. Una cosa del genere: George W. Bush è seduto alla sua scrivania nella Stanza Ovale, e sembra che stia lavorando. Improvvisamente porta la mano alla nuca, abbassa la zip, si toglie la maschera da umano e rivela al mondo il suo vero volto: un raccapricciante incesto tra uno zombie, un orco e un pro-lifer. Fatto ciò, Bush si alza e la sua corazza umana si squaglia, sfrigolando orribilmente e svelando un corpo schifosamente deformato, vizzoso e rugoso, con due lunghissimi peni che penzolano dai capezzoli, sette paia di tette sulla schiena e un dispositivo per sganciare testate nucleari sul pube, al posto del cazzo.

Con un urlo lancinante Bush esce correndo dalla stanza e ingloba le persone che trova sulla sua strada, ingrossandosi sempre di più. Arrivato a 5 metri di altezza, Bush si teletrasporta simultaneamente a Teheran e a Islamabad, si tocca ripetutamente il cazzo-dispositivo nucleare e inonda con una pioggia di distruzione nucleare l’Iran, il Pakistan ed il Medio Oriente, suicidandosi e consegnando un radioso avvenire a petrolieri, industriali militari e pensatori neocon orgasmicamente impotenti. Fine, titoli di coda, incassi cospicui, plauso della critica e posto privilegiato nell’Olimpo della cultura, in saecula saeculorum.

Ci voleva così tanto?

  1. Decisamente più pericolosa dell’alcool. []
  2. Una delle note dolenti del film, e che nelle intenzioni del regista avrebbe dovuto essere uno dei punti di forza, è la rappresentazione molto floscia e caricaturale dei Rumsfeld, Cheney, Rice, Powell, Rove etc. []
  3. Un’operazione pre-elettorale? Forse, forse no. Un caso simile, ad ogni modo, si è registrato nel mondo della musica. Nel 2004 gli A Perfect Circle fecero uscire “eMOTIVe”, una serie di cover di canzoni impegnate, proprio in occasione delle elezioni presidenziali. Venne fuori una mezza porcheria, posticcia, priva di idee e fondamentalmente inutile. E ovviamente Bush venne rieletto. []

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Drop the Hate / Commenti (1)

#1

McLaud
Rilasciato il 27.09.09

A me sarebbe piaciuto vederlo a cavallo di questa bomba …uhm, forse non proprio a cavallo, non so se mi spiego.

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