Asce Di Governo
(Una versione di questo articolo è stata pubblicata su Linkiesta.)
Grazie, Europa. È questo quello a cui devono aver pensato i tre esponenti del LAOS (Coalizione Popolare Ortodossa) Makis Voridis, fresco Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Adonis Georgiades, nominato viceministro allo Sviluppo, e Giorgos Karatzaferis, deputato e presidente del partito di destra radicale, mentre il 16 novembre l’esecutivo “tecnico” di Lucas Papademos otteneva la fiducia in parlamento con più di 250 voti su 300.
A 37 anni dalla caduta dei colonnelli, lo sdoganamento definitivo dell’estrema destra è arrivato giusto un giorno prima del 17 novembre, una data che per la maggior parte dei greci è sinonimo di cupi ricordi, carri armati per le strade di Atene e profonde cicatrici: nel 1973 la junta militare represse in un bagno di sangue le proteste studentesche partite dal Politecnico di Atene. Anche Makis Voridis, classe 1964, ha ben presente quel giorno. In una recente intervista concessa al quotidiano in lingua inglese Athens News, il neo-ministro ha dichiarato: “Non sono mai stato a favore della dittatura. Non ho mai creduto in essa. Non ho mai supportato il regime del 21 aprile, e non mi è mai piaciuto”. La sua biografia politica, tuttavia, testimonia l’esatto contrario.
Dopo essersi diplomato al collegio di Atene – un liceo d’élite da cui sono usciti anche l’ex premier Georges Papandreou e l’attuale primo ministro Papademos – Voridis si iscrive alla facoltà di giurisprudenza ed inizia una lunga militanza nei partiti nazionalisti ed estremisti. A metà degli anni Ottanta diventa il segretario generale della sezione giovanile dell’EPEN (Unione Politica Nazionale, il partito che l’ex capo della junta Georgios Papadopoulos ha fondato direttamente dal carcere) e costituisce “Alternativa Studentesca”, la costola universitaria del movimento. A proposito dell’adesione ad un raggruppamento politico che tra gli obiettivi programmatici aveva la scarcerazione dei militari per “ragioni umanitarie”, Voridis ha detto: “L’EPEN era lo strumento principale attraverso il quale la destra nazionale, popolare e sociale poteva esprimere le sue idee. Per un giovane attivista inserito nei circoli nazional-patriottici che volesse essere politicamente attivo, [l’EPEN] era l’unico sbocco”.
Il 15 marzo del 1985, al termine di un’infuocata riunione, Voridis viene espulso del Consiglio studentesco dell’Università per le sue attività apertamente fasciste. La risposta all’affronto non si fa attendere: Voridis e altri membri dell’EPEN organizzano una spedizione punitiva contro gli studenti di sinistra. La circostanza è documentata in una foto pubblicata per la prima volta nel 2002 (e che sta girando parecchio su Internet in questi giorni) dal quotidiano Eleftherotypia: nell’istantanea si nota chiaramente Voridis, vestito con anfibi, jeans e giubbotto di pelle nera, brandire un’ascia fatta in casa. Era solo autodifesa, si giustifica l’allora giovane estremista. L’EFEE (Unione Nazionale degli Studenti) la pensa diversamente, e nel 1986 lo denuncia per quei fatti.
Nel 1994, insieme ai camerati di EPEN e ENEK (Movimento Nazionalista Unito), Voridis dà alla luce il Fronte Ellenico (Elleniko Metopo). I risultati elettorali sono disastrosi. Alle elezioni comunali di Atene del 1998, Voridis raccoglie lo 0,58% dei voti. Alle elezioni europee del 1999 il FE conquista lo 0,12%; a quelle nazionali del 2000 lo 0,18%; e alle regionali del 2002 l’1,4%. Un articolo del Guardian sulla destra radicale europea (tra cui figurava anche la Lega Nord), definisce così il Fronte Ellenico: “un piccolo partito […] la cui insignificanza evidenzia la relativa debolezza della politica di estrema destra in Grecia”. Per le politiche del 2004 il FE decide di allearsi con Proti Grammi (Prima Linea), partito neonazista capeggiato da Kostantinos Plevris, avvocato e prolifico autore di libri razzisti, omofobi e antisemiti. L’ennesimo fallimento (0,9% dei voti) porta allo scioglimento del Fronte Ellenico e alla sua convergenza nel LAOS, nel 2005.
Sebbene irrilevante dal punto di vista elettorale, Voridis riesce ad accrescere il suo peso politico all’interno della galassia estremista grazie all’appoggio di Jean Marie Le Pen e del Front National francese. Nel 1997, infatti, Le Pen riconosce esplicitamente il Fronte Ellenico come interlocutore privilegiato del FN. E nel 2005, insieme al vicepresidente Carl Lang, è l’ospite d’onore al matrimonio di Voridis. Il 16 settembre del 2007 quest’ultimo viene eletto in Parlamento nelle file del LAOS con 8,663 preferenze. La sua ascesa all’interno del partito sembra arrestarsi quando alle elezioni regionali del 2010 Karatzeferis lo estromette dalla corsa alla presidenza della regione di Atene. Il motivo? “La sua relazione con Jean Marie Le Pen, le asce e tutto il resto”, spiega il capo del LAOS al quotidiano To Ethnos.
Al suo posto viene scelto l’attuale collega di governo Adonis Georgiades. Nato ad Atene nel 1972, Georgiades si laurea in storia e archeologia nel 1992, scrive il libro “Omosessualità nell’Antica Grecia: crolla il mito”, fonda le Edizioni Georgiades e diventa il direttore delle riviste “Storia dei greci” e “Educazione greca”. Per anni conduce su TeleAsty, la televisione finanziata dal LAOS, una specie di trasmissione-televendita di libri che glorificano il passato della Grecia. Molti oppositori, e soprattutto i giornali Eleftherotypia e Ta Nea, lo hanno accusato di promuovere contenuti nazionalisti e neonazisti. Più di una volta, infatti, Georgiades ha pubblicizzato “Gli ebrei: tutta la verità” di Kostas Plevris, un libro del 2006 che è costato al suo autore una denuncia per istigazione all’odio razziale (il testo è gremito di commenti antisemiti ed elogi a Adolf Hitler) ed un processo penale terminato con un’assoluzione in secondo grado. Il “televangelista” Georgiades, inoltre, non si occupa solamente di miti del passato. Ha a cuore anche quelli del presente, su tutti la rivolta studentesca del 1973 contro il regime. Secondo lui, all’epoca non esisteva alcuna opposizione popolare alla junta: si trattava solamente di una protesta di qualche studente, sapientemente manipolata ad arte dai servizi segreti delle potenze straniere. Ad ogni modo, fino al 2007 Georgiades ricopre il ruolo di portavoce ufficiale del partito, e nello stesso anno diventa deputato.
L’ingresso del LAOS nella nuova compagine governativa è passato decisamente sotto silenzio. Con un comunicato emesso il 15 novembre, l’Anti Defamation League (una lobby statunitense che difende l’immagine degli ebrei nel mondo) ha espresso la sua preoccupazione per le nomine di persone che in passato si sono ripetutamente prodotte in osservazioni antisemite. Makis Voridis, ad esempio, ha messo in dubbio l’autenticità del “Diario” di Anna Frank e la falsità dei “Protocolli dei Savi di Sion”. Adonis Georgiades ha dichiarato che “tutte le più grandi banche sono in mano agli ebrei” e che la “lobby giudaica” è in grado di decidere il destino del debito greco – e quindi della Grecia stessa. E il presidente Giorgos Karatzaferis, che in Grecia è conosciuto con il nomignolo di KaratzaFührer, ha più volte assunto atteggiamenti negazionisti (i campi di concentramento? “Un mito”) e complottisti (l’11 settembre? È colpa degli ebrei). Ma ora i tempi dell’antisemitismo urlato sembrano essere lontani.
Il LAOS è sorto nel 2000 come diretta reazione allo spostamento di Nea Dimokratia (Nuova Democrazia, il partito di destra in cui Karatzaferis ha militato per molti anni) verso il centro, e per molti anni ha rappresentato una specie di contenitore delle formazioni più estreme presenti sulla scena politica greca. Le relazioni con tali formazioni sono state tuttavia sempre molto fragili ed improntate alla reciproca diffidenza: Karatzaferis si è servito di loro per conquistare le frange più xenofobe e antagoniste (compresi i delusi dell’estrema sinistra) dell’elettorato, mentre micro-partiti neonazisti come Chrysi Avgi (Alba Dorata) e altri hanno visto nel LAOS la perfetta occasione di racimolare qualche seggio a livello locale e nazionale.
La situazione è cambiata completamente con le elezioni europee del giugno 2009. Cavalcando l’ondata di malcontento contro Nea Dimokratia, dovuta principalmente alla disastrosa gestione delle rivolte di Atene del 2008 (nelle quali un giovane di 15 anni, Alexis Grigoropoulos, venne ucciso dalla polizia) e all’aggravamento della crisi economica, il LAOS arriva ad ottenere un inaspettato 7,15% dei voti, riuscendo a mandare due deputati all’Europarlamento. Da grande opportunista qual è, Karatzaferis inizia a “normalizzare” e “moderare” il partito, smussando gli aspetti più impresentabili della sua piattaforma politica, rinforzando la retorica anti-immigrazione e puntando aggressivamente sulle tematiche legalitarie. In un cablogramma del 2009 del Dipartimento di Stato pubblicato da WikiLeaks, l’ambasciatore americano evidenzia il rischio insito in questa strategia, ovvero la perdita della base ultranazionalista di estrema destra. Ma al tempo stesso descrive il LAOS come “una forza importante della destra politica greca di cui si deve tenere conto”.
Il resto è storia di questi giorni. Mentre l’instabile governo del socialista Papandreou, sepolto dai debiti e dalle proteste di piazza, è ormai prossimo al collasso, Karatzaferis gioca le carte del “Salvatore della Patria” e della “Terza Via”. Reclama a gran voce un governo di unità nazionale, arrivando addirittura a chiedere al Presidente della Grecia Karolos Papoulias di affidargli l’incarico, dal momento che i due partiti principali, PASOK (Partito Socialista) e ND, inizialmente non sembravano in grado di trovare un accordo. Quando sente quest’ultima proposta, Alexis Papachelas, direttore del quotidiano Khatimerini, stenta a crederci: “Oggi siamo caduti talmente in basso che persino uno come Karatzaferis incarna la ragione”.
Papandreou si dimette il 10 novembre. Il giorno dopo vengono resi pubblici i nomi dei ministri del nuovo esecutivo tecnico-politico. È fatta: gli uomini del LAOS sono lì. KaratzaFührer può finalmente assaporare il suo primo, autentico successo politico. In tempi di austerity, la “normalizzazione” – ammesso che si tratti veramente di questo – paga. E per arrivare al governo non servono più i colpi di Stato.
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